Page 146 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA  CRISI  DI  CRETA  - IL  CORPO  DI  SPEDIZIONE  ITALIANO  (IH97-1899)   137

              Gli Ammiragli avevano stabilito che il disarmo si  dovesse effettuare nel corso
         del  mese  di  Dicembre.  Diedi  tosto  gli  ordini  necessari  per  l'effettuazione,  per
         parte delle dipendenti  autorità di tale  operazione.
              Volli una speciale attenzione si  portasse nel  ritiro delle armi, onde poterne
         identificare  i  proprietari,  quando,  più  tardi,  si  fosse  eventualmente  decisa  la
         restituzione  di  esse  (cosa  invero  che  sembrava  poco  probabile)  o  che  si  fosse
         voluto dar un  compenso a  coloro che  le  avevano  consegnate.  Queste  misure  e
         la  cura colla quale  prescrissi  fossero  custodite le  armi  prese in consegna, resero
          meno riluttante la popolazione a rimetterle. Nel tempo stesso, invitai i Comandi
         di distaccamento ad accelerare per quanto si potesse la consegna dei fucili, facendo
         conoscere  che  le  pene  comminate  ai  contravventori  all'editto,  sarebbero  state
          rigorosamente  applicate.( ... )  Nel  nostro  settore  soltanto,  il  numero  dei  fucili
         che furono ritirati  fu  di  quasi  20.000:  e relativamente esiguo fu  il  numero delle
         sentenze di detenzione e multe, che dovettero pronunciarsi per contravvenzione
          all'editto  del  disarmo".
              Il colonnello Crispo concludeva la relazione dicendosi certo che l'opera svolta
          dagli italiani, tanto più preziosa perché con pochissimi  mezzi erano stati raggiunti
          risultati eccellenti, sarebbe stata ricordata a lungo dai cretesi. Come, tra gli eserciti
          alleati,  buono  sarebbe  stato  il  ricordo  delle  nostre  truppe,  fatte  di  ufficiali  che
          avevano brillato per doti e capacità e di soldati che avevano dimostrato disciplina,
          resistenza alle  fatiche,  spirito di  sacrificio.
              Chiudeva il Crispo: " ... Scrupolosi nell'adempimento dei loro doveri, seppero
          gl'Italiani contemperare la rigidità militare con quella cortesia e gentilezza di modi,
          che resero tanto bene accetta alla popolazione  la  loro autorità".
              Queste  doti  del  soldato  italiano  sarebbero  state  confermate  e  rimarcate  in
          seguito, in molte altre  missioni.
              Infatti, la spiccata attitudine e preparazione di comandanti e reparti a fronteggiare
          situazioni  che  richiedono,  più  che  l'uso  indiscriminato  della  forza,  la  piena
          comprensione  dei  complessi  problemi  sociali  e  politici  all'origine  dello  stato  di
          conflittualità,  sono  doti  che  hanno  fatto  ben  figurare  le  Forze  Armate  italiane,
          senza  alcuna  sofferenza  di  "riverenza"  o  "soggezione"  verso  eserciti  ritenuti  più
          preparati (anche se certamente più avanzati quanto a tecnologia, equipaggiamento
          ed  armamento).
              Tanto  a  Creta,  quanto  nelle  spedizioni  internazionali  di  fine  XX  secolo,  il
          soldato italiano si  è sempre imposto nello svolgimento di  operazioni non belliche
          di  mantenimento della pace e di  interposizione tra fazioni  in lotta, rivelandosi più
          umano, più flessibile,  più politico - in  una sola parola più  rispondente - di  quello
          di altri paesi aventi ben diverso peso internazionale e dotati di ben maggiore potere
          militare. A dimostrazione dell'asserto, già a partire dall'amministrazione fiduciaria
          della  Somalia  negli  anni  '50,  per arrivare  al  Libano,  a Timor Est,  al  Mozambico
          ed alle numerose altre zone dove sono intervenute le Forze Armate italiane, il  ritiro
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