Page 147 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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dei militari italiani al termine delle missioni è sempre avvenuto con manifestazioni
di stima e ringraziamento da parte delle popolazioni civili. A riprova, è da tenere
presente che il contegno degli italiani nelle missioni è servito anche a tenere "basso"
il doloroso bilancio in termini di perdite. E questi due parametri sopravanzano
qualsiasi annotazione scandalistica.
Anche nell'impegno per Creta, le truppe italiane ebbero a lamentare perdite
relativamente lievi: 17 morti, la maggior parte delle quali avvenute per malattie
o incidenti. Quanto agli aspetti strettamente tecnico-operativi della missione, è da
ricordare che poco numerosi furono gli scontri ed i conflitti a fuoco che videro
coinvolte le truppe italiane, poiché esse seppero condurre al meglio l'opera di
pacificazione, apprezzata dalla popolazione locale soprattutto per la sua equidi-
stanza ed imparzialità, nel rispetto sia dell'elemento greco sia di quello turco. Tanto
per fare degli esempi, l'esercito inglese, ben pill avvezzo di quello italiano ad
operazioni coloniali e nel controllo di territori ostili, subì, invece, perdite ben più
gravi: nella sola rivolta dei quartieri musulmani a La Canea, il 6 settembre 1898,
furono uccisi dagli insorti 13 militari britannici ed altri 40 rimasero feriti.
È da considerare, infine, che l'operazione a Creta, sebbene svolta un secolo
fa, presenta numerose caratteristiche di estrema modernità nell'impiego dello
strumento militare al servizio della diplomazia, come forza d'interposizione tra
opposti partiti in conflitto.
Innanzitutto si ebbe l'intervento dci contingenti delle potenze europee a
garanzia del ristabilimento della pace, previo consenso delle fazioni in lotta, e
venne ricercata una connotazione internazionale della spedizione, con il coinvol-
gimento di pill nazioni, proprio a garanzia della neutralità dell'azione pacificatrice.
In campo operativo, poi, si ebbe la ripartizione del territorio dell'isola in
settori assegnati alla vigilanza di ogni nazione partecipante alla forza di pace, e si
ricercò la distribuzione più ampia possibile dei distaccamenti sul terreno, per
spegnere ogni focolaio di tensione e svolgere un'azione di controllo del territorio
più vigile.
Si ebbe, inoltre, la costituzione di un comando militare unificato, responsabile
dell'impiego della forza multinazionale secondo le direttive politico-strategiche
impartite dai governi, ed il coinvolgimento dei comandi e delle truppe in attività
non prettamente militari, come l'amministrazione della giustizia ed il disarmo delle
bande di guerriglieri della popolazione.
Infine si ebbe il controllo del rientro nei luoghi d'origine di intere comunità
di sfollati, di etnie e religioni diverse, ed il riassetto urbanistico e della viabilità,
oltre all'assistenza sanitaria e scolastica, a medio-lungo termine.
Come chiunque può notare, tali aspetti sono perfettamente riconducibili anche
alle missioni di pace e soccorso umanitario attualmente gestite a livello interna-
zionale in varie parti del globo. Solo per fare un esempio vicino nel tempo, pare
di descrivere l'organizzazione ed i compiti assegnati alla missione in atto nel Kosovo.