Page 163 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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154 GIULIANO MANZARI
dei manifesti in cui i Boxer annunciavano l'inizio del massacro degli stranieri il
primo giorno della quinta luna; ma a ben vedere, se negli ultimi cinque mesi
erano piovute minacce contro i "diavoli occidentali", dopo la morte del missionario
inglese, era stato solo ferito leggermente un impiegato francese e poco altro era
stato fatto, almeno contro stranieri. Comunque i Ministri plenipotenziari inviarono
un ultimatum alla Corte perché si decidesse a dichiarare i Boxer fuori legge.
Allarmati da questi segnali di pericolo e dal rapporto di monsignor Favier, il
28 maggio i diplomatici avevano stabilito di chiedere l'invio di truppe occidentali
a Pechino, per proteggere la comunità internazionale, e ne avevano informato lo
Tsung li Yamen, dando di fatto inizio al contenzioso con il governo cinese.
Questo, molto a malincuore, aveva dato il permesso formale; peraltro il Ministro
francese Stephan Pichon aveva già inviato ordini in tal senso a Ta-ku, prima che
l'autorizzazione cinese giungesse. In realtà c'era nell'aria una forte tensione, ma
non si parlava ancora di sollevazione e forse non sarebbe neanche scoppiata senza
la richiesta dei reparti armati da adibire alla guardia delle Legazioni. La notizia
dell'arrivo dei militari stranieri inasprì gli animi dei cinesi. Il 31 un gruppo di
ingegneri ferroviari francesi e belgi venne aggredito a cinquanta chilometri da Tien-
tsin: quattro furono uccisi, alcuni altri furono feriti e si ritenne il fatto, non a
torto, un'ulteriore conferma del pericolo in cui versavano gli stranieri.
L'ariete torpediniere Elba, unica nave italiana presente in Cina all'inizio della rivolta dei Boxer