Page 179 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
P. 179
170 GIULlANO MANZARI
attacchi per volta. Cercarono pure di stanare gli occidentali con il fuoco ma,
cosÌ facendo, alla lunga li facilitarono, perché la difesa si trovò il campo visivo
ampliato dalla distruzione di parecchi edifici da cui, in precedenza, erano partiti
attacchi e tiri. In più, l'offensiva venne sospesa il 16 luglio. Infatti, in seguito
alla notizia della caduta di Tien-tsin, avvenuta il 14, la Corte aveva cominciato
a preoccuparsi e, in attesa di vedere come si sarebbe evoluta la situazione, aveva
inviato ai ministri occidentali l'invito a trasferirsi nello stesso lsung li Yamen,
dove sarebbero stati più protetti. Co[ferta, ovviamente, fu respinta. I diplomatici
mantenevano compatto il loro fronte, contando molto sulla varietà di posizioni
politiche presenti fra i ministri cinesi e sull'indecisione che, prima o poi, ne
sarebbe nata. La calma fu assoluta per cinque o sei giorni, interrotta solo da
qualche rara fucilata alle barricate del Fu. 1118 luglio i giapponesi ricevettero
una lettera da Tien-tsin e appresero la notizia dell'esistenza del Corpo di Liberazione
Internazionale destinato a prendere Pechino. Due giorni dopo il Governo cinese
mandò frutta e verdura e, ancora, il 26, riso e farina. Ma si videro pure degli
spostamenti di uomini e cannoni e si capì che la fine della tregua era vicina. Lo
stesso giorno Paolini tornò in linea e trovò la posizione tenuta dagli italiani ben
fortificata; continuò a far lavorare i suoi uomini per proteggerla anche contro
i colpi di cannone. Alcuni marinai, per la scarsità di munizioni, furono armati
di fucili britannici e austriaci. Agli ordini del Paolini vi erano anche alcuni
soldati britannici e austriaci, mandati come rinforzo, in sostituzione dei morti
e dei feriti avuti dal contingente italiano. Il 28 luglio gli assediati nelle Legazioni
ebbero un primo segno che la situazione stava cambiando perché, nella notte,
si sentirono frequenti fucilate verso il lato nord-occidentale della città, oltre a
molte cannonate. Si temette che l'assalto fosse diretto contro la missione del Pe-
tang, come in effetti era. Fino al 12 agosto, si ebbero solo alcune scariche di
fucileria durante la notte e nessun tentativo d'attacco. Contemporaneamente
arrivarono vari messaggi da Tien-tsin e dallo lsung li Yamen (compresa, il 5
agosto, la notizia dell'assassinio in Italia di re Umberto I) dai quali si apprese
qualcosa di quanto accadeva all'esterno della città. 1110 agosto giunsero a Pechino
due lettere (dei generali Gaselce e Fukushima) che comunicavano che le 'lì'uppe
Internazionali erano a metà strada fra Tien-tsin e Pechino e contavano di arrivare
entro 8 giorni, incoraggiando gli assediati a resistere. 1113, con il calare del sole,
la rabbia dei cinesi aumentò e iniziò un attacco veemente contro il quartiere
internazionale. Fu la notte decisiva. Fucilate, petardi, colpi di cannone, sparati
dal muro della città imperiale, bersagl iarono le posizioni del Fu. Tutti i marinai
italiani furono schierati al posto di guardia, vigili, pronti a sostenere qualunque
tentativo d'assalto. Ma i cinesi non uscirono dalle loro barricate e delle migliaia
di colpi sparati nessuno arrivò a penetrare nelle opere di difesa. E passò un'altra
notte: era l'ultima.