Page 183 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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             assieme  a  quattro  marinai.  Una  vastissima  breccia  era stata  aperta  nel  muro  di
             cinta e,  se  i cinesi  si  fossero  lanciati all'assalto,  i cinque  marinai  italiani  ancora
             in  piedi,  senza direzione,  senza cartucce  ed  occupati  a  tentare  di  salvare  i loro
             compagni,  non  avrebbero  certamente  potuto  farvi  fronte.  Dopo  cinque  ore  di
             lavoro,  passate  sotto  la  consueta  grandinata  di  proiettili,  furono  estratti  dalle
             macerie  tre  marinai,  uno  già  morto  e  due  che  morirono  poco  dopo.  Gli  altri
             due  sepolti  vennero  trovati  la  mattina  seguente  orrendamente  mutilati (24).  Il
             caporale  francese  assunse  il  comando  della  difesa,  fece  sbarrare  alla  meglio  la
             breccia  e  dispose  il  servizio  di  guardia;  ma  alle  11  del  mattino  successivo
            scoppiò  un'altra  mina,  provocando  il  panico  fra  i  civili.  Spuntò  l'alba  del  14
             agosto.  Continuavano le  cannonate e  le  fucilate.  Rimanevano solo 50 cartucce
             ed  i viveri  erano completamente  finiti.  La  situazione  era ormai disperata.


             La marcia su  Pechino, la  liberazionc delle  Lcgazioni e  dci  Pc-tang
                 Mentre a Pechino e Tien-tsin si combatteva, a Ta-Im continuavano ad affluire
             i contingenti occidcntali destinati alla gucrra. Alla  fine  di  luglio i 25000 militari
             riuniti dalle Potenze erano valutati ancora fra  la  metà e un terzo del contingente
             ritenuto necessario per intraprendere le operazioni militari. Il  3 agosto il  generale
             giapponese  Fukushima  informò  gli  altri  comandanti  che,  il  giorno  successivo,
             egli,  con  i  propri  uomini,  avrebbe  iniziato  a  muovere  verso  Pechino,  senza
             attendere  altri  rinforzi.  Per  non  consentire  ai  giapponesi  di  acquisire  vantaggi
             unilaterali,  il  generale  britannico  siI'  Alfred  Gaselee  assunse  il  comando  di  llll
             contingente  delle  truppe  a  disposizione,  definito  Corpo  Internazionale  di
             Liberazione,  e,  con  gli  altri  comandanti,  stabilì  di  uscire  da  Tien-tsin,  all'alba
             del  4  agosto  1900,  avvicinandosi  a  Pechino.  Diviso  in  due  colonne,  una  di
             12700 e  l'altra  di  circa 5000  uomini,  il  Corpo  Internazionale  marciò  lungo  le
             due  rive  del  Pei-ho,  mentre  lungo  di  esso  procedeva  il  convoglio  di  giunche,
             lungo circa 10 chilometri, che trasportava i rifornimenti. Il  contingente delle tre
             potenze della Triplice era  formato  esclusivamente  da marinai  (100  tedeschi,  60
             italiani e 40 austriaci); si  trattava, in pratica, degli stessi  uomini che avevano già
             preso parte al  tentativo della colonna Seymour, con qualche rinforzo e sostituzione
             fornita  dagli  equipaggi  delle  navi  in  rada,  ancora  privi,  come  in  precedenza, di
             mezzi  di  trasporto.  In  trentasei  ore  il  Corpo  Internazionale  arrivò a  Bang  tsun,
             compiendo  una  marcia  di  38  chilometri, scontrandosi  e  sconfiggendo,  per  due
             volte, i cinesi. L'esito degli scontri confermò che le truppe cinesi erano allo sfascio.
             Il  piano iniziale  messo a punto da Gaselee prevedeva di  fermarsi a Yang tsun fino
             all'arrivo  dei  rinforzi  d'oltremare;  ma  quando  ci  si  accorse  della  debolezza  dei
             cinesi,  la  mattina  del  7  si  decise  di  procedere  su  Pechino  con  14000  uomini,
             rinviando a Tien-tsin alcuni  contingenti:  italiani,  tedeschi  e  austriaci,  per la  loro
             scarsa  entità  numerica  e  per  mancanza di  carriaggi;  i  francesi  perché  in  pessime
             condizioni  fisiche.  Il  comandante  francese,  generale  Frey,  decise  che  la  Francia
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