Page 185 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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176 GIULIANO MANZARI
non poteva essere privata della gloria della liberazione di Pechino e, precipitatosi
a Tien-tsin, si offrì di facilitare l'avanzata ai marinai della Triplice con ogni mezzo
a sua disposizione. Il 10 agosto i marinai si rimisero in marcia. Intanto il Corpo
Internazionale aveva preso Ho si wu (9 agosto), Ma tou (all'alba del 10) e Chang
chia wan (1'11). Restavano da percorrere 22 chilometri e attraversare Tung chow,
prima di arrivare a Pechino. Il Corpo di Liberazione fu raggiunto dal contingente
di Frey, il quale, il 13 agosto, annunciò ai propri uomini che quella sera i marinai
della Triplice si sarebbero schierati a fianco delle truppe francesi, senza curarsi del
fatto che i poveri marinai erano ancora molto indietro. La mattina del 13 i cinesi
compirono l'ultimo sforzo contro le Legazioni. Come sappiamo, gli assediati
avevano il morale alto perché avevano ricevuto il 10 due note, rispettivamente da
Gaselee e dal generale Fukushima, che prevedevano l'arrivo del Corpo Internazionale
appunto per il 13 o il 14. E cosÌ avvenne. Le truppe internazionali, dalla base di
partenza dell'attacco, posta a cinque chilometri da Pechino, mossero su cinque
colonne parallele: da sud verso nord erano la britannica, l'americana, la francese,
la giapponese e la russa. La mattina del 14 agosto le truppe occidentali superarono
faticosamente la resistenza cinese ed entrarono in Pechino. Lente e rese guardinghe
dagli scontri avvenuti sulle mura e nelle strade adiacenti, temendo di essere
attirate in qualche trappola, le colonne persero il reciproco contatto e si avvici-
narono alle Legazioni con molta cautela, arrivando da diverse direzioni fra le 14.30
e le 16.30. Verso le 16, i difensori videro comparire dietro alcune case indigene
della città cinese, sottostanti al muro della città tenuto dagli statunitensi, le facce
scure dei Sikhs indiani. Gli hurrah echeggiarono potenti giungendo fino alle posizioni
dei difensori e, poco dopo, dal canale Pei, un gruppo di scuri soldati, la scorta del
generale Gaselee, entrò di slancio nel quartiere delle Legazioni. Entusiasmo indescri-
vibile ed emozione incancellabile fra gli assediati. Dopo mezz'ora dall'arrivo dei
Sikhs, Paolini uscì dalle barricate e si portò con alcuni marinai fino alla strada
posta a nord del Fu; orde di soldati cinesi passavano in precipitosa e disordinata
fuga. I colpi sparati dai difensori fecero parecchie vittime e furono prese le loro
armi e le relative munizioni. Nel frattempo, al Pe-tang, già dalla sera del 14, si
era sperato in un rapido arrivo dei liberatori, avendo sentito forti salve di artiglieria
e di moschetteria dal lato orientale di Pechino. Ma non accadde niente e le
speranze svanirono. Il 15 giunsero a Pechino i francesi, che durante la parte
finale della marcia avevano anche sbagliato strada. Il generale Frey, sapendo della
presenza del contingente francese nel Pe-tang, chiese rinforzi di altre truppe per
la sua liberazione, ma le truppe, intente ad altre imprese, non gli furono accordate.
Il 16 agosto, Paolini, con i pochi superstiti del proprio distaccamento, si aggregò
alle truppe francesi rinforzate da uno squadrone di cosacchi e un battaglione di
britannici. Le truppe si impossessarono, senza difficoltà, della porta di ponente
(Chen-men), mettendo in fuga, con alcuni colpi di cannone, i pochi soldati
cinesi che ancora l'occupavano e si portarono fino all'altezza del Pe-tang, in
quel momento ancora bersagliato da due pezzi d'artiglieria cinesi. Finalmente