Page 182 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA SPEDIZIONE INTERNAZIONALE CONTRO I I\OXER 000
susseguirono senza che il nemico attaccasse con i fanti. C 11 luglio, oltre al fuoco
di artiglieria, apparve, però, una nuova minaccia: le mine. Il 17 i cinesi fecero
brillare sotto le posizioni italiane una potentissima mina, aprendo una breccia
enorme e seppellendo sotto le macerie 20 cristiani e 5 marinai italiani. Tutti
furono estratti dalle macerie, ma solo cinque cinesi e i marinai erano ancora in
vita. La breccia fu chiusa e passarono altri cinque giorni prima di un nuovo tentativo
d'attacco, che fu respinto. Il 23 si ebbe un attacco contro la porta del Pe-tang; i
francesi lo respinsero con scariche di fucile e, allora, i soldati ed i Boxer tentarono
l'assalto dalla parte settentrionale. Circa 800 uomini avanzarono lentamente, al
riparo di grossi scudi di ferro. Accolto da successive scariche dei fucili dei difensori,
il nemico si fermò. Dopo un paio di giorni di relativa calma, i cinesi ripresero il
cannoneggiamento per coprire gli scavi di nuove mine e, il 29, il bombardamento
venne intensificato. Le fucilate furono vivissime e il nemico riuscì, a colpi di
fucile, a fare nei muri tre brecce di circa 2 metri quadrati di superficie. Il comandante
francese, mentre era alle feritoie, fu ferito da due palle di fucile alla gola ed al
ventre; cadde dopo pochi passi e, dopo 10 minuti, cessò di vivere. Un marinaio
francese fu ferito alla spalla ed un marinaio italiano alla testa. Olivi eri assunse la
direzione generale della difesa. Il fuoco dei cannoni continuò anche il 30. Il nemico
lanciò nel convento alcune frecce con attaccati bigliettini nei quali si invitavano i
cinesi cristiani a rivoltarsi contro gli europei in cambio di alcune migliaia di taels
per ogni testa di europeo. Poi, per circa dodici giorni, subentrò una calma relativa.
I marinai prepararono una contro-mina che avrebbe dovuto essere impiegata in
caso di attacco nemico e continuarono a sopportare stoicamente, ogni giorno, le
cannonate e le fucilate dei cinesi. La mattina del 12 agosto, all'alba, Olivieri fece
un giro d'ispezione per i posti di guardia, per informarsi sugli avvenimenti della
notte, nella quale, comunque, non era successo nulla di grave. Rientrato da poco
nella sua camera, un terribile rombo, seguito da una forte scossa, sconvolse
l'intera missione. Slanciatosi fuori per correre sul luogo della catastrofe, Olivieri
fu travolto dal crollo della casa, rimanendo completamente seppellito sotto le
macerie, che avevano travolto anche il sottufficiale e quattro marinai italiani.
Una enorme mina era stata fatta brillare, distruggendo la metà orientale del locale
delle suore e seppellendo sotto le macerie, oltre ai sei italiani, più di 100 cinesi
cristiani. Del distaccamento italiano non rimanevano che cinque marinai, i
quali, aiutati dai francesi, accorsero sul posto e cominciano l'opera di salvataggio.
Dopo tre quarti d'ora di lavoro, scavando con le mani, riuscirono a trarre fuori
una mano dell'Olivieri, che sentirono ancora calda; raddoppiarono gli sforzi e,
in breve, riuscirono a liberare la testa dell'ufficiale; dopo altri sforzi Olivieri fu
estratto dalle macerie e fu portato in una camera dove le suore gli prodigarono
le prime cure: risultava ferito alla testa ed al piede destro, ma non gravemente.
La posizione dei difensori era disperata: l'ufficiale francese era stato ucciso e
quello italiano era incapace di compiere qualsiasi movimento; dei due sottuf-
ficiali, il francese era morto e quello italiano era sepolto sotto le macerie