Page 186 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
P. 186
LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA SPEDIZIONE INTERNAZIONALE CONTRO I BOXER... 177
anche la missione venne raggiunta. Olivieri riferì che, alle nove, i marinai lo
avvertirono che da sopra ad un tetto si vedevano nella strada alcuni soldati
giapponesi. Olivieri rimase incredulo, ma, pOCO dopo, i marinai si precipitarono
verso di lui gridando: "Siamo liberati!". I giapponesi erano molti e italiani,
francesi, missionari, cristiani, uomini e donne, si precipitarono all'assalto del
muro imperiale: di là sopra, la grande massa di assediati, pazza dalla gioia,
salutava con fragorosi hurrah l'esercito liberatore. Poco dopo giunsero i francesi
e, assieme a loro, Olivieri vide Paolini con dieci dei suoi marinai. Dopo due
mesi e mezzo di separazione, con una gioia immensa, i due si ricongiungevano.
Dei quaranta marinai italiani e francesi che erano stati inviati a difesa del Pe-
tang undici erano morti, sette furono gravemente feriti, quindici furono feriti
più leggermente. Dei dodici italiani, sei caddero e cinque furono feriti (25).
Coccupazione di Pechino
Con l'arrivo del Corpo Internazionale di Liberazione le Potenze avevano
dimostrato di essere in grado di sconfiggere i Cinesi e, dal 15 agosto 1900, la
guerra poteva dirsi sostanzialmente conclusa. Nelle prime ore del giorno di
ferragosto del 1900, mentre le truppe occidentali dilagavano per la città e il Pe-
tang era ancora sotto assedio, la Corte imperiale si preparò a scappare. rimperatrice
Tzu-hsi si travestì da contadina, fece chiamare l'Imperatore e con un piccolissimo
seguito si diede alla fuga, prontamente ribattezzata "Giro d'ispezione d'autunno"
da compiere verso le province dell'ovest e del nord, rifugiandosi a Xian nello Shan
Si (26). Alle sue spalle, annientate le ultime sacche di resistenza, le truppe britanniche,
statunitensi, russe, francesi e giapponesi si diedero al saccheggio ed al massacro.
Ogni cinese era un potenziale nemico e le uccisioni, quasi sempre a scopo di furto,
divennero purtroppo all'ordine del giorno. Italiani e austriaci si limitarono a
requisire vettovaglie per il proprio sostentamento; ma gli altri razziarono Pechino
in modo tale da ridurla alla miseria ed alla paura pill nere. I marinai di Paolini e
Olivieri rientrarono nel Quartiere delle Legazioni il 17 agosto e, su consiglio di
Salvago Raggi, occuparono un vasto recinto con un tempio, nelle vicinanze del
Fu, per acquartierarvisi. Nel pomeriggio giunse, accolto con comprensibile entusiasmo,
il distaccamento Sirianni, già facente parte del Corpo di Liberazione e, poi,
unitosi alle forze francesi del generale Frey, giunto a Pechino con un battaglione
di marinai germanici cd una compagnia di marinai austriaci. Nei giorni seguenti
l'autorità militare internazionale decise di procedere all'occupazione sistematica
dell'intera città. Il 26 Pechino fu divisa in vari quartieri militari, in ognuno dei
quali le truppe occupanti organizzarono un servizio di polizia. Anche la Città
Imperiale fu occupata da una rappresentanza di tutte le truppe, che circondarono
le mura del palazzo rimasto fino ad allora chiuso per decisione presa dai generali.
Intanto le navi italiane a Ta-ku erano aumentate, grazie all'arrivo, poco alla volta,
della neocostituita Forza Navale Oceanica, affidata al contrammiraglio Camillo