Page 200 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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          LA  PARTECIPAZIONE  ITALIANA  ALLA  SPEDIZIONE  INTERNAZIONALE  CONTRO  I  BOXER  000
          La pace e i risultati


               L'arrivo dell'inverno interruppe le operazioni terrestri, limitando le a piccole o
          spedizioni punitive nei dintorni della capitale (38). L'11 dicembre 1900, fu costituito
          il  Comitato Internazionale per la città di  Pechino;  il  territorio della capitale fu
          suddiviso  fra  i contingenti  ancora  presenti,  allo  scopo  di  mantenere  l'ordine
          interno e la  sicurezza delle  linee di  comunicazione.  Il  Comitato era presieduto
          dal  generale  von  Gayl  e  il  rappresentante  italiano  era  il  capitano  Ferigo.  Il
          settore  orientale  fu  affidato  agli  italiani,  con  i giapponesi  a  settentrione  e  gli
          americani verso sud. Nuovi problemi sorsero, però, con il Gran Quartier Generale.
          A Tien-tsin,  come  detto,  dopo  la  riconquista  della  città,  era stato  stabilito  un
          Governo Provvisorio, con tre membri militari. All'arrivo del maresciallo Waldersee
          i  membri  furono  raddoppiati  e  l'ammiraglio  Candiani,  scontento  di  come  le
          cose  erano  condotte  a  livello  internazionale,  ai  primi  di  dicembre,  inviò  un
          tenente di vascello con funzioni del grado superiore, a rappresentare l'Italia nel
          Governo. La mancata ratifica della nomina di tale ufficiale da parte del Maresciallo,
          giustificata  dall'inadeguatezza  del  grado,  creò  un  nuovo  attrito  fra  Comando
          Supremo e Forza Navale italiana che l'ammiraglio risolse nominando, nell'aprile
          1901, il  capitano di  corvetta Mario Casanuova Jerserinch quale rappresentante
          italiano nel Governo Provvisorio. Proseguivano, intanto, le azioni per costringere
          il  Governo  cinese  a  concludere  la  pace:  la  ventilata  minaccia  di  riprendere  le
          operazioni militari su scala più vasta, convinse il Governo imperiale ad accettare
          un armistizio (febbraio 1901) e cominciarono le  lunghe trattative che portarono
          al  Trattato  di  pace  (Pechino,  7  settembre  del  medesimo  anno).  Con  dodici
          pesantissimi  articoli,  le  potenze  mettevano  completamente  a  terra  la  Cina.  Il
          peggiore di tutti gli articoli era il 6° per il quale era previsto che la Cina avrebbe
          pagato alle potenze un'indennità di  67 milioni di sterline, pari a 450 milioni di
          taels, entro trent'anni. I sistemi di pagamento stabiliti dalle potenze implicavano
          un'ulteriore e fortissima  limitazione della sovranità cinese. A titolo di  garanzia
          per la corresponsione dell'indennizzo sarebbero passate in mano straniera altre
          risorse  finanziarie  cinesi;  in  particolare:  le  dogane  marittime,  già  sottoposte  a
          controllo straniero, l'aliquota dellikin (il dazio interno), che fino a quel momento
          era  rimasta  sotto  controllo  cinese  e,  infine,  la  gabella  sul  sale.  Le  tariffe
          d'importazione dovevano essere aumentate sino a raggiungere il5 per cento del
          valore effettivo delle  merci e doveva essere  istituita un'imposta sulle  merci che
          sino allora ne  erano state esenti  (39).  Calcolando l'interesse composto, nell'arco
          dei  trentanove  anni  che  sarebbero  trascorsi  fino  a  quando  la  Seconda  Guerra
          Mondiale non avrebbe annullato la cosiddetta "Indennità Boxer", la Cina avrebbe
          dovuto versare 980 milioni di taels. È vero che una buona parte di questa somma,
          per accordi  successivamente  intercorsi  sotto  forma  di  Trattati  bilaterali  con  le
          varie Potenze, sarebbe stata reimpiegata in opere pubbliche in Cina; ma si trattava
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