Page 205 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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                                               NOTE
                 (1)  Han Suyin, L'albero ferito.  Cina:  autobiografia e storia,  Bompiani, Milano,  1969.
                 L'autrice,  figlia  di  un  cinese  e  di  una  belga,  conosce  molto  bene  la  tradizione  cinese,
             potendo  ricorrere  alla  propria  lunga  tradizione  familiare.  È lei  che  ha  scritto  il  famosissimo
             libro L'amore è una cosa  meravigliosa.
                 (2)  La prima menzione della società degli I-ho-ch'iian sembrerebbe risalire al 1727, quando
             essa venne accusata di agitare il  "popolo stupido" con il  pretesto del pugilato (inteso come un
             sistema  di  esercizi  di  origine taoista finalizzato  a donare agli  adepti dei  poteri soprannaturali;
             indossando un fazzoletto o una fascia rossa, fra l'altro, gli adepti diventavano invulnerabili alle
             armi  da  fuoco);  per questo la  società era indicata con vari  nomi,  tra i quali quelli di  "Pugilato
             dello  Spirito",  "Pugilato  Supremo  Fondamentale"  e  "Pugilato della  Giusta Armonia".  In
             seguito,  riapparsi ai  primi dell'Ottocento, i suoi adepti erano stati messi  fuori  legge  nel  1808,
             con  un  decreto  del  4  settembre,  e  si  riteneva  fossero  stati  distrutti  nel  1812.  O  almeno  così
             sembrava, perché in realtà ricomparvero nel 1898  proprio nelle provincie in cui erano stati un
             tempo più presenti.
                  (3)  Giuseppe  Salvago  Raggi  aveva  telegrafato  il  9 marzo  "Agitazione contro i missionari
             accenna aumentare. Unanimemente giudichiamo che,  qualora la situazione non migliori, sarebbe
             opportuna una dimostrazione, con le navi delle cinque potenze [Gran Bretagna, Francia, Germania,
             Stati  Uniti e Italia, NdA]  interessate nel  Pe  Ci  Li",  riportato in  Mario Valli, Gli avvenimenti in
             Cina nel 1900 e l'azione della R.  Marina  italiana, Ulrico Hoepli, Milano, 1905, p. 210.
                  (4)  Ma poi il  Governo italiano ordinò al contrammiraglio Francesco Grenet il  rimpatrio
             con  tutte  le  navi  della  Divisione  Navale,  meno  l'Elba.  La  Divisione,  giunta  a  Napoli,  venne
             sciolta.  Di conseguenza, quando cominciarono ad aumentare  i torbidi, si  dovette far  accorrere
             l'ariete torpediniere Calabria  dall'America Latina.
                  (5)  Secondo  dati  non  completi,  raccolti successivamente,  nel  corso della  rivolta  furono
             uccisi  nelle Missioni 242 europei (di cui  12 italiani fra  cui il  vescovo coadiutore a Ta-yuen-fu,
             frate  Francesco  Fagolla,  il  capo  del  vicariato  italiano  della  stessa città,  monsignor Grazi,  con
             tutti gli altri membri della Missione) e circa diecimila cinesi convertiti.
                  (6)  Ampiamente  riportato  nel  III  volume  nell'opera  Storia  delle  Campagne  Oceaniche
             della Marina Militare,  edita dall'Ufficio Storico della Marina Militare (U.S.M.M.).
                  (7)  La chiesa era quella del SS. Salvatore. Il terreno sulla quale era stata costruita era stata
             donata ai  missionari gesuiti,  nel  1683, dall'imperatore Kang-hi.
                  (8)  Era  un  reparto  da  sbarco  della  regia  Nave  Elba,  al  comando del  tenente  di  vascello
             Federico Tommaso Paolini  e del sottotenente di  vascello  Angelo  Olivieri costituito da 2 sottuf-
             ficiali  e 37 marinai. Si portarono dietro un cannoncino da 37 mm montato su affusto da sbarco.
             Delle  quattro  armi  maggiori  disponibili  nelle  Legazioni  durante  l'assedio  (il  cannoncino e tre
             mitragliatrici) "il pezzo migliore era un cannone italiano da una libbra con 120 proiettili", come
             avrebbe scritto Peter Fleming, in La rivolta dei Boxer,  Varese, Dall'Oglio, 1965, pago  160.
                  Quanto  all'esiguo  numero  dei  marinai,  va  ricordato  che  dallo  scioglimento  del  Corpo
             Fanteria  Real  Marina  nel  1868  e  fino  alla  costituzione  del  Reggimento  Marina San  Marco,
             dopo la  I Guerra Mondiale, le  esigenze  di  sbarco venivano fronteggiate adoperando i marinai
             delle  navi  e  ogni  nave  doveva  mettere  a  terra  un  reparto  armato  proporzionale  al  proprio
             equipaggio. Più in dettaglio:  una corazzata forniva una compagnia, un incrociatore un plotone,
             una torpediniera una squadra.
                  In  genere  il plotone,  al  comando  di  un  ufficiale,  comprendeva  due  sottufficiali,  due
             sottocapi, quaranta marinai. Ad essi erano aggregati un sottufficiale e sei marinai che servivano
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