Page 24 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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14 TIBERIO MORO
Iniziava a svilupparsi, nei vari stati d'Europa, una coscienza nazionale; le ideologie
cominciavano a transitare dal comparto filosofico a quello più pragmatico delle
piazze e delle manifestazioni popolari che troveranno terreno fertile fino alla fine del
secolo, identificandosi in un socialismo interessato da diverse e differenti venature.
Le monarchie assolute dovevano prendere atto della necessità di modificare le
strutture dello Stato: il 1848 aveva dato uno scossone all'intera Europa; e da questa
iniziava una massiccia e costante emigrazione verso gli Stati Uniti che durerà decenni.
''Anche le condizioni delle masse operaie, vissute in uno stato di pietoso
sfruttamento fino alla metà del secolo XIX, avevano cominciato a migliorare
decisamente - afferma Silvestri (4) - poiché anch' esse stavano divenendo, sia pure
in misura estremamente modesta, consumatrici di beni non strettamente necessari
alla mera sopravvivenza, e quindi clienti dell'industria manifatturiera. Ciò era tanto
più significativo poiché, nella stessa epoca, l'Europa - ad eccezione della Francia
- conosceva una espansione demografica che non aveva precedenti nella storia.
In un secolo, dal 1800 al 1900, la popolazione dell'Europa fino al confine russo,
salì da 120 a 270 milioni di abitanti"(5).
In questo scenario si inseriva un'Italia piuttosto modesta, "non una nazione
misera, ma povera certo sì. ( ... ) L'unità non apportò quei benefici che molti miraco-
listicamente si attendevano, e negli anni successivi si constatò anzi una stagnazione
dello sviluppo, che gettò nello sconforto la classe dirigente(6).
Ancora divisa, in pieno rivolgimento, anzi come sarà chiamato quel periodo,
in pieno Risorgimento, forse dal giornale fondato dal Cavour, ormai morto, ma
che aveva dato più di un impulso(7).
Mazzini e Garibaldi erano ancora attivi; se Milano era da poco diventata
"italiana", la Francia e l'Austria erano ancora affiancate allo Stato della Chiesa, la
prima, e padrona del Veneto la seconda. Esercitavano un controllo stretto sullo
stato sardo-piemontese diventato Regno d'Italia dal 17 marzo 1861, dopo aver
annesso Lombardia, i Ducati di Modena e Parma e il Granducato di Toscana.
L'impresa di Garibaldi e l'annessione del Regno delle Due Sicilie era ancora
recente; il contrasto con la Chiesa era sempre vivo e costituiva non poco ostacolo
al progresso sociale(8).
Riassume Montanelli, nella sua Storia d'Italia, che "L'Italia nasceva dal genio
di un grande statista e dal sopruso di una piccola minoranza su una maggioranza
assente ed inerte che, non avendo collaborato alla sua formazione, vi si sentiva
estranea e più soggetta che partecipe".
Non voglio certo fare il riassunto del decennio 1861-1870, ma quando fu
proclamato il Regno, re Vittorio Emanuele regnava sull'80% di analfabeti; il
corpo elettorale era meno del 20/0 della popolazione - alle elezioni del 1861
votarono 240.000 persone - il setaiolo di Como non comprendeva la parlata del
pescatore di Trapani, e l'agricoltore toscano quella del pastore sardo.
Quattro anni dopo la proclamazione del regno, la capitale è trasferita da
Torino a Firenze - e da qui furono inviate le direttive per il viaggio della
Magenta e della Clotilde verso l'oriente asiatico - ma nonostante questo atto,
che ha un aspetto non si sa se più culturale o politico, il regno d'Italia è solo