Page 19 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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         LE  AMBIZIONI  DEL  NUOVO  STATO  NEL  MONDO  - LE  MISSIONI  MILITARI  ITALIANE  000

              Più  impegnativo  è  il  ruolo  dell'Esercito,  quando  interviene  come  forza  ar-
         mata. Lasciando da parte infatti quelle missioni che hanno fini addestrativi, o eco-
         nomici, o diplomatico-militari, e che sono condotte relativamente da pochi elementi,
         la  presenza delle truppe coinvolge fortemente  il  Paese e  nei casi  di specie  del  pe-
         riodo - cito  Creta,  la  Cina,  le  occupazioni  adriatiche  - vi  si  ricorre  quando  c'è
         una  motivazione  particolarmente  importante.  E  si  può  notare  che  negli  anni  in
         questione, benché la logica interforze sia lontana, l'intervento di reparti dell'Esercito
         avviene  in  collaborazione  con  la  Marina,  sempre  nella  fase  logistica,  quando  è
         possibile  in  quella operativa.
              L'Aeronautica,  naturalmente,  diventa  strumento  autonomo  di  politica  solo
         dopo la sua istituzione come anna non  dipendente, nel  1923.  Ma cresce  rapida-
         mente,  come  dimostrano  le  crociere  transoceaniche  degli  anni  '30.  Si  può  forse
         osservare  che  in  tempo  di  pace  le  missioni  affidate  all' Aeronautica  non  dovreb-
         bero includere possibili  componenti di  ostilità,  poiché  alla  sua  destinazione  l'ae-
         reo non è autonomo come la  nave,  ma ha bisogno cii  un  punto di  atterraggio che
         si  deve supporre amichevole.
              In tema di interventi multinazionali, l'ammiraglio Sanfelice di Monteforte ci-
         ta Jomini:  "quando si  interviene con un contingente mediocre, non si  è altro che
         un accessorio,  e  le  operazioni sono dirette dalla  potenza principale"; e  conclude
         che in queste  organizzazioni comanda chi  dedica più  risorse all'impresa comune.
          È naturale ed è giusto:  per quanto riguarda l'Italia vi  sarà sempre un problema di
         scelta:  il Paese ha risorse limitate e non si  può permettere in ogni occasione di or-
         dinare la musica. Simili scelte per la politica estera italiana vogliono dire per Creta
         sì,  per la  Cina no.  A Creta  il  Governo  di  Roma  invia  il  suo ammiraglio  più  pre-
         stigioso e la  forza d'intervento maggiore, in  Cina la componente italiana della co-
          lonna  Seymour  è  assai  valorosa,  ma  numericamente  modesta,  e  in  seguito  la
          partecipazione delle truppe italiane alle operazioni contro i Boxer oscillerà tra 1'1 %
         e  il  4% delle  forze  internazionali agli  ordini  del  feldmaresciallo Waldersee.
              E veniamo alla catena di  comando. Durante l'Italia liberale, le  Forze Armate
         sono molto legate alla Monarchia, che simboleggia la  nazione; nel giuramento de-
         gli  ufficiali si  parla di  "bene inseparabile del  Re  e della Patria". In questa fase  sto-
          rica - che ho definito in uno scritto "Più grazia che volontà", alludendo alla formula
         che legittima  il  sovrano "Per grazia di  Dio e volontà della  Nazione" - si  potreb-
         be  ritenere che solo il  volere del  re  sia  fonte  dell'azione  delle  Forze Armate.  Nei
          fatti  non è così,  e non solamente perché  i monarchi  italiani non sono autocrati e
          normalmente  rispettano  lo  Statuto.  L'esecutivo  ha  una  sua  legittimazione  prima-
          ria attraverso la  fiducia del  Parlamento che si  suppone esprima la  volontà del po-
         polo. La catena di comando delle missioni militari decise in  funzione della politica
         estera  parte  dal  Governo,  esso  potrà  mediare  se  vi  fossero  problemi  col  re,  ma
         non  risultano  contrapposizioni  tra  esecutivo  e  monarca  sull'uso  dello  strumento
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