Page 36 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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28                                                            TlnERIO  MORO


                Successivamente  alla  lettera  al  collega  della  Marina,  Menabrea  scriverà  al
            Ministro  italiano  a  Buenos  Aires  perché  richieda  all'Argentina  la  possibilità  di
            stabilire  una colonia penale
                 "nelle regioni all'America del Sud e più particolarmente in quelle bagnate dal
            Rio  Negro  che  i geografi  indicano  come limite  fra  i territori  dell'Argentina  e le
            regioni deserte della Patagonia".
                La  risposta  dell'Argentina sarà negativa (39).
                Un'altra  richiesta  sarà  inoltrata  all'Agente  e  Console  Generale  a  Tunisi,
            indicando i requisiti  necessari(40):
            "1.  Trovare  un  territorio  nelle  condizioni  volute  di  salubrità,  fertilità  ecc.,  il
                quale sia separato dalla  costa abitata almeno da tanta estensione di  deserto
                 quanta è necessaria  perché  uno  o  più  viandanti  non possano traversarla, se
                 non organizzati in  carovana.
                 Il  territorio dovrebbe essere capace di  almeno diecimila coloni.
            2.   Ottenere  dal  Governo  tunisino  la  concessione  per  poter  colonizzare  quel
                territorio.  La  proprietà  del  medesimo  dovrebbe  essere  ceduta  al  governo
                 italiano invece  la  sovranità rimarrebbe al  Bey.
            3.   Ottenere dal  Governo di Tunisi la facoltà di  creare nella località prescelta un
                corpo  di  guardie  sufficiente  alla  tutela  delle  autorità  che  il  governo  del  Re
                invierebbe per esercitarvi  la  giurisdizione penale e civile sovra i suoi  sudditi,
                ed ottenere inoltre che il Bardo consenta al governo del Re la facoltà di applicare
                 le  leggi  penali del  Regno  nella località sovrindicata.
            4.   Entrare col Governo Tunisino in accordi per tutto quanto riguarda le particolari
                questioni  riflettenti il  transito  dei  coloni,  la  loro  forzata  dimora,  i rapporti
                dei  coloni stessi  cogli  abitanti  della reggenza,  lo  stabilimento di  un'autorità
                tunisina nel  territorio che si  vorrebbe colonizzare ecc.
                Sembra che  la  presenza  di  un'autorità  tunisina  almeno  da  principio,  allonta-
                 nerebbe il  sospetto che in  questo  negoziato,  che  d'altronde vuoi  essere  tenuto
                segretissimo, si  asconda una cessione formale  di territorio all'Italia.( ... )".
                 Come  si  può  constatare,  se  la  missione  della Magenta  è  stata lineare,  con
            uno  scopo  politico-diplomatico  ben  delineato,  peraltro  stimolato  da  esigenze
            connesse con il  sostentamento dell'industria serica, la  missione della Clotilde ha
            uno  sviluppo  diverso,  come  l'avrà  quello  del  Governolo  e  del  Vedetta  che  la
            seguiranno nelle stesse  acque.
                 La  missione,  dunque,  si  interseca  con  altri  intendimenti  ed  interessi,  sia
            nazionali che stranieri: sullo sfondo si muovono esploratori, avventurieri, comandanti
            che  fanno  la  tratta  dei  "coolies"  (c'è  di  mezzo  anche  qualche  legno  italiano),
            dignitari delle  corti giapponesi, cinesi, siamesi  e birmane, re  compresi; mentre in
            primo  piano  agiscono  le  diplomazie  europee,  (ma  si  dovrà  riscontrare  anche  la
            presenza degli Stati  Uniti), gelose delle  proprie influenze nel  Sud-Est asiatico.
                 Quando perviene la lettera al Ministero della Marina la Clotilde (41), al comando
            del  capitano  di  fregata  Carlo  Alberto  Racchia(42),  era  partita  da  tempo(43)  e  si
            trovava nelle acque  del Capo di  Buona Speranza.
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