Page 57 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
P. 57
LE CAMPAGNE OCEANICHE DELLA REGIA MARINA 49
(29) Giglioli cosÌ riporta l'a peculiarità di alcune specie di volatili:
"Era una cosa prodigiosa, e non ho mai assistito ad un simile spettacolo: da mane a sera
le manovre della Magenta formicolavano di uccelli di molte specie, che si lasciavano prendere
con le mani [ ... J.
Le varie specie giungevano contemporaneamente in piccoli stormi, rare volte apparivano
individui isolati: quasi sempre ve nerano molte contemporaneamente sul bordo, e siccome talvolta
venivano anche uccelli da preda, gli uccelletti si rifugiavano allora in basso, in batteria, nei
camerini. Un giorno ero a colazione nella sala consiglio e vidi arrivare sulla tavola quattro
ciuffoletti scarlatti, uno dci quali si mise a bere nel mio bicchiere, tre lodole e due cutrettole;
andai in coperta per accertare le ragioni di quella visita e trovai le sartie ed i pennoni coperti
di grossi gufi, che continuavano a giungere in piccoli branchi; mezz'ora dopo ne contai 45 sul
bastimento e molti altri volavano attorno".
(30) Vedasi quanto scrive sulla tratta dei "coolies" Lovere di Maria in "Rivista Marittima",
maggio 1872, p. 565.
(31) In realtà la "fiamma" è l'insegna di comando di un ufficiale: è costituita da una
bandiera navale di forma triangolare con la inferitura di una decina di centimetri cd i lati lunghi
circa un metro. AI rientro di una campagna è consuetudine farIa proporzionale alle miglia
percorse. Nel 1956-57 il Montecuccoli rientrò dalla campagna d'istruzione della Accademia
Navale dopo aver fatto il giro del mondo con una fiamma che arrivava a mare oltre la poppa.
(32) Si pensi solo alla occupazione di Roma e all'apertura del Canale di Suez.
(33) Vedasi A. Capone, "Destra c Sinistra da Cavour a Crispi", UTET, Torino; 1981,
l" Ed. Tea, 1996, p. 42.
(34) "L'opinione pubblica internazionale ne dubitava. Stranieri, anche colti, che pur
dicevano di amare l'Italia, erano convinti della incapacità degli Italiani, per ignavia e per tabe
ereditaria, a rendere effettivamente viva e vitale la loro unità politica nazionale. Uno storico
tedesco, Enrico Treitsche, poco tempo dopo la proclamazione del Regno d'Italia, scriveva:
«Questa nazione di vivo ingegno passava nel mondo per un popolo servile, ricco di spirito e di
perfidia, incapace di libertà civile. Ogni anno migliaia di forestieri percorrevano la penisola, e
si formavano un giudizio della marmaglia di mendicanti, facchini e ciceroni che li assediava,
mercanteggiando. Essi venivano nella terra del mirto e dell'arancio per riposare dei loro gravi
pensieri, per ammirare lo splendore della natura e dell'arte antica. Nessuno aveva occhi per la
realtà del terribile presente italiano».
Terribile presente invero: le difficoltà tra cui illluovo Regno venne a trovarsi erano enormi:
occorreva unificare esercito, marina, dare ullità ;11l1Il1inistrativa, uniformare i vari debiti pubblici,
provvedere al gravissimo stato finanziario, opporsi alle forze reazionarie, calmare il malcontento
per il nuovo ordine delle cose, né solo dei fedeli del vecchio regime, ma di quanti si illudevano,
ad un tratto, di vedere accontentati tutti, sanato tutto. Né minori erano le difficoltà in politica
estera. L'isolamento politico-militare del Regno si era fatto pericoloso: la Francia appariva
nemica; l'Austria montava la guardia sul Mincio".
N. Roddico, Storia degli Italialli, Sansoni, firenze, 1964, p. 868.
(35) A. Capone, cit., p. 61.
(36) A. Capone, cit., p. 59.
(37) Lettera riservata, prot. 457 in data 10.8.1868, oggetto: "Colonia penitenziaria",
a firma Menabrea.
(38) "Stanley n'a dit nè oui ni non quant a la deportation". Vedasi DDI, l" s., voI. 9°
doc. 631 e 643.
(39) DDI, la s., voI. 10°, doc. 523; lettera in clata 16.9.1868; e doc. 735.