Page 15 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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XIV   Momenti della vita di guerra


          ria. Per aver risposta a questo grande interrogativo rilesse le loro lettere e i loro diari, la
          testimonianza più diretta e spontanea di quei giovani che avevano abbandonato con le
          loro case tutto il mondo di affetti e di speranze, di sogni e di amori. Solo attraverso i loro
          scritti era possibile ripercorrere «le tappe ideali della nostra guerra, scrutarne, a traverso
          i migliori, l’anima occulta e profonda, risentire in documenti immediati, uomini, cose,
          esperienze, che ormai tante vicende e tante passioni distanziano da noi».


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             Gli autori di questi testi appartenevano in maggioranza al corpo degli Alpini, mentre
          riguardo la provenienza civile erano per lo più intellettuali, certo un segmento numerica-
          mente molto ristretto della totalità delle forze mobilitate. Secondo Omodeo, nondimeno,
          era ineluttabile che fossero queste le figure dei combattenti a salire al proscenio del rac-
          conto perché, pur se portavoce di una minoranza, esprimevano «la libera costituzione di
          un’aristocrazia d’intelligenza e di sapere» ed erano in quanto tali i motori e i protagonisti
          della storia. Non s’identificavano certo con chi occupava posti di rilievo nella gerarchia
          politica, ma anzi ad essi si contrapponevano. Il vigore, le idee, le conseguenti azioni e la
          forza di coesione di questa generazione erano ispirati da una nuova religione. Non più la
          dottrina cristiana, né quella proclamata dalla rivoluzione francese che aveva infiammato
          l’Europa con le parole «libertà, eguaglianza, fraternità», ma la religione del dovere e della
          patria, il patriottismo inteso in senso etico, alto, che consentiva la coesistenza di altre patrie
          a fianco della Patria, un valore comune di civiltà con altri popoli, non come sciovinismo
          o nazionalismo etnico, ma come aspirazione a giungere all’europeismo o addirittura, in
          una prospettiva certamente lontana, al cosmopolitismo (Benedetto Croce, Gaetano Mosca,
          Elementi di scienza politica, «La Critica», vol. 21, 1923).
             Erano costoro i veri creatori della Storia. Dalla sua investigazione dell’animo dei
          caduti rimanevano esclusi in modo perentorio e inappellabile quanti non furono mossi
          nella loro partecipazione al conflitto da un ideale o da una positiva volontà, e, più di
          tutti, coloro che, infrangendo un patto di lealtà con la comunità nazionale, di fronte
          alla prova, si sottrassero al loro dovere: «Valga un esempio: nella citata silloge dello
          Spitzer [Italienische Kriegsgefangenbriefe, Bonn 1921, Lettere di prigionieri di guerra ita-
          liani] abbiamo una scelta di lettere di disertori italiani del campo di Theresienstadt […]
          nulla di più insignificante di quelle lettere: attestano solo il più banale istinto di conser-
          vazione: nulla hanno da dire allo storico. E se possedessimo tutti i diari degli imboscati,
          non ci direbbero nulla, perché nulla storicamente essi han creato» (Il retaggio dei morti).
             Tale convincimento, fulcro della concezione storiografica di Omodeo, motivava la
          scelta di dar voce nella presentazione delle lettere e dei diari a quella generazione carsica,
          come ebbe a definirla lui stesso, che seppe tener vivo «questo anelito verso le ultime
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