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XX Momenti della vita di guerra
di concentramento, non testimonianze di caduti, ma di militari che attendevano la
fine del conflitto per riprendere la loro vita del tempo di pace. Quest’ultima parte non
lo convinse per nulla, sentì la narrazione degli umili profondamente estranea all’alta
tensione ideale che permeava invece le lettere dei combattenti morti. Ne scrisse il 7
agosto 1933 a Benedetto Croce alla vigilia della pubblicazione del volume, preoccu-
pato tra l’altro che l’ampia paginazione scoraggiasse l’editore Laterza: «Si potrebbe
alleggerire il volume di circa 25 pagine sopprimendo il capitolo sugli umili che esce
nel fascicolo di settembre, [de «La Critica»] e che io ho trasformato in appendice
perché non quadra con tutto il resto».
Momenti della vita di guerra uscì nel gennaio 1934 e Omodeo ne seguì la diffusione
con un’inquietudine del tutto particolare: si sentiva più editore di quei racconti affi-
dategli dai defunti che si era disposto a interrogare piuttosto che autore. Così a Gio-
vanni Laterza nell’agosto del 1933, al momento della consegna del manoscritto, aveva
mostrato tutto il suo ottimismo, convinto che l’attenzione per la Grande Guerra fosse
ancora viva e fiducioso che il suo saggio sarebbe stato accolto con grande interesse. Non
andò invece secondo le sue attese, nonostante Benedetto Croce avesse affermato nel
commentare il saggio che «resterà come monumento costruito meglio che di marmo».
La rassegna bibliografica «L’Italia che scrive», che negli anni del conflitto e in quelli
immediatamente successivi aveva dedicato grande spazio alle memorie dei combattenti,
riservò al volume, appena giunto nelle librerie, uno scarno trafiletto nel numero del
febbraio di quell’anno: «Recentissime pubblicazioni italiane, Storia, Adolfo Omodeo,
Momenti della vita di guerra (Dai diari e dalle lettere dei caduti), 16°, p. 422, L. 25, La-
terza, Bari, (Biblioteca di Cultura moderna)».
Momenti così non ebbe davvero la fortuna editoriale che si attendeva e desiderava,
rimase letto e apprezzato da una ristretta cerchia di ex combattenti, dalla generazione
carsica, ma sostanzialmente trascurato dal pubblico più giovane, proprio da quel settore
della società cui Omodeo aveva pensato di rivolgersi nella costruzione della sua ricerca.
Se ne dolse, infatti, in una lettera alla moglie Eva nell’agosto 1935, dopo più di un anno
dalla pubblicazione: «nel libro dei caduti io ho raccolto e ricomposto con le parole più
pure, l’ideale della nostra generazione. Ho avuto un successo di stampa in gran parte fra
i superstiti; ma tra i giovani (eccettuatane per ragioni di famiglia i Galante), poco. Lo
documenta il limitato smercio. Ora i giovani sapranno combattere e morire in Abissi-
nia, ma lo faranno con un animo diverso dal nostro».
Poche davvero e comparse su testate minori come «Vedetta Fascista» di Vicenza,
«Rassegna dei combattenti» di Bologna, «Il Polesine fascista» di Rovigo, (Marcello Mu-
stè, Adolfo Omodeo. Storiografia e pensiero politico, Il Mulino, 1990) guidate dall’in-
terpretazione della guerra ormai consacrata dal governo, le recensioni al lavoro dello
storico siciliano furono così piegate alle logiche politiche del regime.