Page 25 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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XXIV Momenti della vita di guerra
Solo in tempi più recenti si è andata mitigando l’asprezza dei giudizi e anzi si è
attribuito a Momenti della vita di guerra un posto significativo nella cultura liberale
antifascista degli anni Trenta che «si stringe intorno a Croce e che si legittima, anche,
testimoniando attraverso la fedeltà alla guerra del 1915 il permanere di un patriottismo
non coincidente con la cultura nazional-fascista». (Mario Isnenghi, Giorgio Rochat,
La Grande Guerra 1914-1918, Il Mulino, 2008). Anche uno storico di vaglio come
Antonio Gibelli riconosceva a Omodeo di aver immortalato nelle pagine del suo libro
«gli spiriti nobili» che avevano cercato nella guerra una prova capace di temprare la
gioventù italiana. (Paul Fussel, La Grande Guerra e la memoria moderna. Introduzione
all’edizione italiana, Il Mulino, 2000). Per Fortunato Minniti infine era corretta la scelta
di restringere l’area d’indagine alle testimonianze epistolari e ai diari dei colti, dei ceti
medi «perché la ricerca doveva chiamare in causa per primi quelli che avevano voluto la
guerra e, non di rado, cercato il sacrificio, non coloro che ne avrebbero fatto volentieri
a meno». (Il Piave, Il Mulino, 2000).
L’opera ha avuto dunque una limitata diffusione in due momenti della storia nazio-
nale davvero particolari in cui i temi della guerra, della patria, del sacrificio, del senso
del dovere avevano assunto, per opposte motivazioni, forti connotazioni ideali, legate
al contesto storico e al suo riflesso sulla cultura dominante. Così il lavoro dello storico
siciliano non ebbe certo in entrambi i casi l’accoglienza che avrebbe meritato.
Al lettore di oggi, dai diari e dalle lettere dei caduti giungerà chiara l’esperienza del
conflitto 1915-1918 come realtà dura, sofferta, dolorosa, e spesso tragicamente conclusa,
e «in sede storica – come argomentava l’autore – è certamente erroneo considerare la
recente guerra come l’ultima del Risorgimento», ma giungerà anche il messaggio che per
quei combattenti, (cui è dedicata nel frontespizio un’epigrafe tratta dall’Antigone: «poiché
piacer più lungo tempo a quelli di laggiù debbo, che a quelli che qui sono») la guerra ita-
liana non fu solo orrore: «che un soffio di poesia, di speranza, di giustizia, vi aveva alitato
sopra». Di là delle singole storie personali, dei momenti privati, delle diversità culturali
che attraversarono l’esercito italiano e che emergono dalla lettura delle testimonianze pre-
sentate, c’è un sentimento straordinario che lega tra loro le vicende dei singoli combatten-
ti: il desiderio di un futuro migliore, più giusto per l’Italia e per le nuove generazioni, la
consapevolezza del momento che stavano vivendo e il senso del dovere cui erano chiamati,
per il quale decisero di battersi sino all’estremo sacrificio: per dirla con parole dello stesso
Omodeo: «Chiare e oneste facce, fiorite ad altri soli, in una vita di pace: volti d’uomini
non fatti per la guerra, ma capaci di reggerla per l’alto senso di umana dignità».
Roberto Guerri