Page 103 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio

               Pur scampati all’annientamento, gli insorti del Gebel non erano più in grado
            di condurre azioni su vasta scala, in quanto non appena si riunivano venivano
            subito  scoperti  dalla  ricognizione  aerea  e  braccati  da  terra  e  dal  cielo,  ma
            sfruttando le ore notturne, muovendosi in piccoli gruppi e mescolandosi alla
            popolazione riuscivano ancora a negare il pieno controllo della regione alle forze
            italiane e a sviluppare quella competizione per il governo che si è visto essere
            l’essenza di una campagna insurrezionale. Per contrastare questa nuova tattica la
            regione venne divisa in cinque settori pattugliati senza sosta da colonne mobili
            di cavalleria e fanteria assistite dagli onnipresenti Ro.1, ma per aver ragione di
            quello che fu chiamato il “governo della notte”, in quanto nelle ore notturne gli
            insorti riacquistavano libertà di movimento, fu necessario condurre la lotta anche
            su un altro piano. Il 29 maggio 1930 il nuovo vicegovernatore della Cirenaica,
            generale Rodolfo Graziani, subentrato in marzo al generale Domenico Siciliani,
            ordinava l’arresto dei capi delle zavie (“zawiya”) – scuole coraniche che erano i
            centri del potere anche economico della Senussia – e subito dopo il sequestro
            dei loro beni.
               Gli insorti si videro così privati in un colpo solo della fonte primaria delle loro
            risorse e, subito dopo, un altro provvedimento ne avrebbe accentuato ancora
            di più l’isolamento, rompendone il contatto con la popolazione e risolvendo
            l’annoso problema della connivenza più o meno spontanea dei sottomessi. Il
            Gebel Achdar fu infatti svuotato, con il trasferimento di quella parte dei suoi
            abitanti che era ritenuta più affidabile nelle pianure costiere e concentrando gli
            elementi notoriamente ostili, o comunque in odore di connivenza con i ribelli,
            in campi allestiti nella molto meno ospitale regione della Sirte, a sud del Gebel
            e ai margini del deserto. Infine, il confine egiziano fu sigillato con una barriera
            di filo spinato pattugliata dalle forze mobili della zona militare di Tobruk con il
            supporto della ricognizione aerea per impedire l’infiltrazione di armi e munizioni
            e eventuali tentativi di fuga oltre frontiera.
               Realizzato tra l’aprile e il settembre del 1931, il reticolato confinario, largo
            10 metri e alto 1,60, andava dal golfo di Sollum fino a Hatiet et-Aamra, circa 20
            km a sud di Giarabub, con uno sviluppo complessivo di 282 km intervallati da
            tre ridotte, Amseat, esc-Sceggar, Giarabub, ciascuna attrezzata con un campo
            d’atterraggio, e sei ridottine, tutte collegate telefonicamente. Si trattò di un lavoro
            grandioso per dimensioni e impegno, che richiese l’impiego di 2500 operai e
            manovali locali, 1200 uomini di truppa, 250 autocarri, e l’utilizzo di 18 viaggi-
            poroscafo per trasportare a Bardia il materiale necessario, con un costo totale
            dell’opera di 17 milioni, ma che rispose pienamente allo scopo. 104



            104   A. BOLLATI, Enciclopedia dei nostri combattimenti coloniali op. cit., p. 327.


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