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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”
armate. Il generale Francesco Saverio Grazioli, dopo aver assistito alle grandi
manovre dall’Armata Rossa nel 1934 e nel 1936, aveva sottolineato nelle sue
relazioni il rapido sviluppo delle truppe aviotrasportate sovietiche. In meno di sei
anni dai primi lanci fatti a Voronez nel 1930, era stata costituita un’intera brigata
di paracadutisti in grado nel 1936 di mettere in atto una grande operazione
di aggiramento verticale col lancio di 1200 uomini, subito rinforzati da altri
5000 affluiti per via aerea. Lo Stato Maggiore del Regio Esercito, sollecitato da
Mussolini, prese in considerazione l’idea, ma il progetto non si concretizzò per
l’insorgere di un conflitto di competenza tra Esercito e Aeronautica in merito
all’organizzazione e alla gestione della specialità. Questo conflitto, tanto inevitabile
quanto prevedibile, fu poi risolto dalla legge n. 220 del 22 febbraio 1937 che
attribuì alla Regia Aeronautica la responsabilità delle scuole di paracadutismo.
Nel frattempo il tema della costituzione di reparti paracadutisti veniva trattato a
più riprese sulle pagine della Rivista Aeronautica, come naturale espansione delle
possibilità dell’Arma Azzurra.
Il primo di questi articoli, scritto dal tenente Luigi Gobbi e pubblicato nel
maggio del 1935, ipotizzava l’impiego di paracadutisti o di reparti speciali
trasportati per via aerea per colpi di mano nelle retrovie dell’avversario. Per tali
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azioni di “arditismo aero-terrestre”, ritenute particolarmente paganti all’inizio
delle ostilità, sarebbe stato necessario disporre di personale di volo e di terra
altamente specializzato, addestrato a operare con il favore dell’oscurità, e di
velivoli in grado di portare una squadra di una decina di uomini e salire a più di
6000 metri per superare l’ostacolo delle Alpi, con un raggio d’azione di 600-700
chilometri.
A distanza di due mesi il maggiore Vincenzo Biani, un ufficiale pilota che
aveva preso parte all’ultima fase delle operazioni in Libia, sviluppava l’argomento
sulla base della sua esperienza, vedendo in questo impiego del mezzo aereo un
ulteriore strumento per il controllo del territorio, a integrazione delle modalità di
intervento già consolidate. Indipendenza di comando e autonomia d’impiego
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rimanevano punti fermi, alla base di una dottrina sintetizzata dalla formula
“l’Armata Aerea deve fare la guerra aerea”, e quindi i mezzi a disposizione non
sarebbero stati mai troppi per disorganizzare e distruggere nel più breve tempo
possibile la capacità bellica del nemico colpendo quegli obiettivi che garantissero
effetti materiali e soprattutto morali. Negli scenari maggiormente dinamici,
nei quali la manovra tendeva ad avere il sopravvento, non era però difficile
immaginare quali risultati avrebbero potuto ottenere reparti di paracadutisti
lanciati su punti vitali delle retrovie.
160 L. GOBBI, Reparti Speciali d’Assalto, in «Rivista Aeronautica», 5/1935, p. 284-286.
161 V. BIANI, in «Rivista Aeronautica», 7/1935, p.1-7
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