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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            scuola di arditismo, dove la preparazione morale doveva accompagnarsi a quella
            tecnica, superando la dimensione dello spettacolo acrobatico, non diversamente
            da quanto era avvenuto con l’aeroplano ai primordi dell’aviazione. Quanto alle
            modalità  d’impiego,  gli  arditi  dell’aria  dovevano  essere  lanciati  di  notte,  alla
            quota più bassa possibile per sfuggire all’osservazione, e in località idonee a
            consentirne l’occultamento e il riordinamento, non troppo lontane dall’obiettivo
            ma nemmeno troppo vicine per evitare che fossero scoperti anzitempo.
               Questa ipotesi era già stata esaminata in quello che è senz’altro lo studio più
            completo sul tema delle aviotruppe, apparso sulla Rivista Aeronautica nell’aprile
            del 1937 e tale per i suoi contenuti da avere una spiccata valenza dottrinale.
            L’autore, il maggiore pilota Gianni Bordini, contestava innanzitutto l’opinione
            diffusa secondo cui l’azione dell’aeronautica non poteva essere risolutiva per
            l’impossibilità di effettuare la “presa di possesso territoriale”. A parte il fatto che
            questa non era più una necessità inderogabile nella guerra moderna, in quanto
            la  sconfitta  dell’avversario  poteva  essere  determinata  dai  colpi  inferti  dalla
            stessa aeronautica ai suoi centri vitali, l’Arma aerea aveva ormai la possibilità
            di realizzare anche questo obiettivo.  Tecnicamente il problema degli sbarchi
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            aerei era risolto e  quindi dovevano  essere  considerati non  una soluzione di
            ripiego, più o meno improvvisata, ma una forma d’impiego del mezzo aereo
            con caratteristiche sue proprie. Fermo restando che ai reparti di paracadutisti
            spettava il compito di costituire una prima testa di ponte nella quale far poi
            affluire per via aerea i reparti destinati all’occupazione del territorio, in funzione
            dello  scopo  gli  sbarchi  aerei  venivano  ricondotti  a  quattro  casi,  infiltrazione
            di informatori, infiltrazione di guastatori, occupazione preventiva di posizioni
            di particolare valenza per lo sviluppo della manovra delle forze di superficie,
            invio tempestivo di rinforzi a unità isolate o impegnate in azione, indicando per
            ognuno le modalità operative da seguire. I guastatori in particolare potevano
            essere considerati come granelli di sabbia intelligenti, che andando a inserirsi
            negli ingranaggi più delicati della macchina bellica dell’avversario ne rallentavano
            il funzionamento fino a determinarne l’arresto, integrando con la loro azione
            quella del bombardamento aereo, in particolare nei confronti dei bersagli più
            difficili da individuare e colpire. Quanto allo sbarco aereo di interi reparti, era
            necessario che questo avvenisse in concomitanza con azioni di superficie e in
            località dove fosse possibile impiantare rapidamente un campo di volo, su cui
            far affluire le truppe destinate a rinforzare le prime ondate di paracadutisti per
            poi procedere rapidamente verso gli obiettivi fissati. Tutta l’operazione doveva
            essere caratterizzata da un’elevata dinamica, in quanto «la minima sosta, la minima
            diminuzione di pressione, il minimo accenno alla staticità ed alla stabilizzazione


            164   G. BORDINI, Sbarchi aerei, in «Rivista Aeronautica», 4/1937.


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