Page 153 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio

            delle linee può essere fatale». In un conflitto europeo gli sbarchi aerei sarebbero
            più difficili, ma una tale minaccia obbligava comunque ad attrezzare a difesa il
            territorio nazionale fin dal tempo di pace.
               Nel clima di diffidenza che caratterizzava i rapporti tra le forze armate, questi
            stimoli, e anche il provvedimento di legge del 1937, non avrebbero avuto effetti
            immediati, con la conseguenza che la Regia Scuola Paracadutisti dell’Aeronautica
            sarebbe stata attivata sull’aeroporto di Tarquinia solo all’inizio del 1940. In Libia
            le cose andarono però diversamente, grazie alla volontà di Balbo di sfruttare le
            sue prerogative, come già aveva fatto nel caso del Battaglione Sahariano, e il
            particolare contesto “coloniale”, che non impegnava direttamente né lo Stato
            Maggiore del Regio Esercito né quello della Regia Aeronautica, per aggirare
            gli  ostacoli  a  livello  ministeriale.  I  primi  reparti  di  paracadutisti  furono  così
            creati nella primavera del 1938 attingendo alle truppe libiche, nonostante i non
            semplici problemi tecnici da risolvere, primo fra tutti quello del paracadute,
            in quanto il Salvator D.37, utilizzato da anni dalla Regia Aeronautica, era un
            mezzo di salvataggio, concepito per un altro tipo di impiego. Occorreva poi
            inquadrare  questo  genere  di  operazioni  dal  punto  di  vista  dottrinale,  ed  era
            questo uno degli obiettivi dell’esperimento di aviosbarco previsto nel contesto
            delle manovre del 1938.
               La decisione di includere nelle esercitazioni del maggio 1938 un esperimento di
            sbarco aereo era stata presa da Balbo sulla base dell’esperienza dell’esercitazione
            a partiti contrapposti del novembre del 1937, nella zona a sud del Gebel Nefusa,
            in  cui  nel  confronto  tra  il  Battaglione  Sahariano  e  reparti  del  Regio  Corpo
            Truppe Coloniali della Libia erano apparse evidenti le grandi opportunità che gli
            ampi spazi offrivano a unità scelte e bene armate, se impiegate con decisione a
            tergo dello schieramento avversario. Il primo passo in questa direzione era stato
            compiuto con la costituzione sull’aeroporto di Castel Benito del Campo Scuola
            Paracadutisti della Libia, sancita il 24 marzo 1938 dal foglio d’ordini n. 64/S di
            Super ASI. La scuola, sotto la diretta responsabilità del Comando Aeronautica
            della Libia, era subito entrata in funzione e, dopo i primi lanci eseguiti da ufficiali
            e sottufficiali italiani, il 1° aprile era stata la volta di un centinaio di volontari di
            truppa tratti dai reparti libici destinati a formare il 1° Battaglione Fanti dell’Aria.
            Nonostante i numerosi incidenti, con la morte già il primo giorno di attività
            del soldato libico Mohamed Alì Ugasci, i progressi furono molto rapidi. Gli
            allievi completarono in un paio di settimane il programma minimo previsto, con
            almeno tre lanci, e il 16 aprile venne effettuato alla presenza di Balbo un lancio di
            massa dell’intero battaglione. Le perdite, causate dall’inesperienza di paracadutisti
            e piloti oltre che dall’inadeguatezza del materiale, furono molto alte, con 3 morti
            e 12 feriti, ma l’afflusso dei volontari continuò e il 20 aprile fu possibile costituire
            un secondo battaglione, dando così vita al 1° Reggimento Fanti dell’Aria. I due


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