Page 239 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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La Difesa DeL sahara Libico (1940-1943)


               Favorito da una visibilità tornata eccellente, l’equipaggio localizzò facilmente
            l’aeroporto a nord della città, con la pista orientata in senso est-ovest, una grande
            aviorimessa fiancheggiata da altre più piccole e un vasto deposito di fusti di
            carburante tra il margine del campo e il fiume. L’insieme di queste circostanze
            facilitò  il puntamento:  le  bombe centrarono con grande precisione  l’hangar
            principale, una vicina palazzina e soprattutto il deposito di benzina in cui si
            sviluppò un incendio di grandi proporzioni. La densa colonna di fumo nera
            rimase ben visibile per una buona mezzora mentre il bombardiere era sulla via
            del ritorno, e in effetti stavano bruciando 400.000 litri di carburante su un totale
            di 600.000. Le bombe avevano poi causato 5 feriti tra i soldati indigeni di guardia
            e distrutto nell’hangar 5 bimotori Bristol Blenheim, 3 bimotori Glenn Martin
            tipo Maryland, 2 Potez 29 e un Potez 540 del GRB 1.

               Il  raid poteva  dirsi un  successo  ma per l’equipaggio  dell’Heinkel  non era
            ancora tempo di rilassarsi. La maggior durata del percorso di andata significava
            non solo un consumo superiore ma anche un ritardo sulla tabella di marcia tale
            che il tramonto trovò il bombardiere ancora sui monti Tummo, in prossimità
            del confine. Raggiungere Bir Musciurù nella fitta oscurità delle notti del deserto
            sarebbe stato difficile e pericoloso per cui fu deciso di atterrare in un’ampia
            spianata a oriente di quelle montagne. Nei serbatoi c’erano non più di 300 litri
            di benzina, insufficienti per rientrare al campo trampolino, e fu chiesto quindi
            soccorso via radio. Un repentino peggioramento delle condizioni atmosferiche
            prolungò l’attesa per quattro giorni, con le scorte di viveri e di acqua si esaurivano
            a una temperatura di 36 gradi all’ombra. Il 26 gennaio, dopo ripetuti e infruttuosi
            tentativi, un  Ca.309 dell’aviazione  sahariana  riuscì  finalmente a  rintracciare  il
            bimotore. Il pilota, tenente Duarte, atterrò immediatamente per prestare i primi
            soccorsi, e il giorno dopo l’Heinkel, rifornito di benzina da uno Ju.52, decollava
            alla volta di Hon.
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               L’incursione  su  Fort  Lamy, celebrata  dalla propaganda dell’Asse  come
            un successo di portata strategica, suscitò un certo allarme, tanto che Leclerc
            si affrettò  a richiedere  all’alleato britannico  una seconda sezione Bofors e a
            ordinare la dispersione dei depositi di benzina e dei velivoli. Si trattò però di un
            raid isolato, di una bella impresa aviatoria che non ebbe conseguenze durature
            e che, semmai, evidenziò quanto fossero limitate le possibilità delle forze aeree
            dell’Asse in quella regione.




            89   Secondo alcune fonti, l’imminente arrivo di un periodo di maltempo, che in effetti rischiò di
               compromettere il successo dell’azione, era stato volutamente taciuto dall’ufficiale tedesco che
               aveva seguito la pianificazione del raid, in realtà un agente britannico che poco tempo dopo
               sarebbe stato scoperto e giustiziato. (D. CORBONNOIS, L’odyssée de la Colonne op. cit., p. 86)


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