Page 73 - ATTI 2021 - IL MILITE IGNOTO
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          1  Sessione - Il tributo di sangue                                      71



          era dovuta in larga parte alle gravi perdite subite dai reparti di fanteria durante i
          periodici assalti alle postazioni nemiche, una circostanza che l’esercito italiano,
          costantemente all’offensiva per i primi tre anni, soffrì più di quello austriaco. In
          due sole settimane durante la decima battaglia dell’Isonzo (13-27 maggio 1917)
          le brigate di fanteria registrarono perdite medie pari alla metà della forza comples-
          siva, ma alcuni reggimenti, come il 26° fanteria, che faceva parte delle vecchie
          brigate permanenti, o il 138°, uno dei nuovi reggimenti creati con i richiamati di
          milizia mobile e territoriale, persero fino al 75% degli effettivi tra morti, feriti e
          dispersi: fu la settimana più sanguinosa dell’intera guerra (nel solo mese maggio
          l’esercito registrò 36.000 morti e 100.000 feriti, in proporzione più dell’esercito
          britannico nella prima fase dell’offensiva sulla Somme) ma dà l’idea di quale
          potesse essere il tasso di logoramento di un’unità combattente.  La disparità nel
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          pagamento dell’imposta del sangue non fu certo una particolarità italiana. Arruo-
          larsi prima o dopo una certa offensiva, militare in un reggimento impegnato in
          un settore piuttosto che in un altro, essere un geniere specializzato piuttosto che
          “carne da cannone” in fanteria, faceva la differenza tra la vita e la morte in tutti
          gli eserciti; «si è sempre l’imboscato di qualcuno» come avrebbe scritto Henri
          Barbusse nel romanzo Il fuoco.  Tuttavia, l’innegabile fatto che a perdere la vita
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              Consiglio dei Ministri, Dati statistici sulle perdite dell’esercito italiano, 26 novembre 1918. Nell’eser-
              cito operante il 75% circa dei soldati venne assegnato a reparti di fanteria, il 17% ad artiglieria
              e genio. Per quanto riguarda il numero dei morti «in combattimento e per causa di combatti-
              mento», era stimato a 330.000 per ferite più 130.000 per malattia (di cui 45.000 in prigionia),
              largamente inferiore ai 569.000, dato ancora provvisorio, segnalato in FEI, cit., p. XIV e ai
              526.000 riportati nei 28 volumi dell’Albo d’oro dei caduti della Grande Guerra. Un ulteriore am-
              pliamento dei dati su mobilitati e morti, con percentuali accurate ma non sempre verificabili
              sulla ripartizione nei corpi e per regione, sono fornite da F. Zugaro (già curatore della pubbli-
              cazione ufficiale sulla statistica dello sforzo militare), Sacrifici ed eroismi visti attraverso aride cifre,
              in Associazione Volontari di Guerra, Il decennale. Pubblicazione nazionale sotto il patronato di S.M. il
              Re, Vallecchi, Firenze 1929, pp. 157-175, in cui si calcolano complessivamente 680.000 morti,
              tenendo però conto anche dei decessi tra i militari nell’interno del paese, per malattia e fino
              al 1920, ripartendoli in 86% di caduti provenienti dalla fanteria e specialità, 6% dall’artiglieria,
              2,6% dal genio (non è specificato se le perdite sono per cause di combattimento).
          32   G. Mortara, La salute pubblica in Italia durante e dopo la guerra, Laterza – Yale University Press,
              Bari-New Haven 1925, pp. 39-40. Mortara stima a 600.000 i morti complessivi della popo-
              lazione militare, comprendendo in essi anche i deceduti per malattia e per altre cause non di
              servizio all’interno del paese.
          33   H. Barbusse, Le Feu. Journal d’une escouade, Belenus, Parigi 2008, p. 109.
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