Page 23 - Le Forze Armate. Dalla scelta repubblicana alla partecipazione atlantica - Atti 27 novembre 1997
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STATO, NAZIONE, FORZE ARMATE ALLE ORIGINI DELL'ITALIA REPUBBLICANA 11
adoperato fino alla nausea e al disgusto per coprire e contestare le sue criminose
imprese all'interno e all'estero, coll'avvento della classe lavoratrice nei quadri del-
la classe dirigente, si va epurando e va assumendo un significato che prima non
aveva", quando .. la patria era la terra dei privilegiati e dei possidenti, ma era men
che nulla per i nullatenenti, per i salariati costretti ad abbandonarla per trovare
lavoro e pane" 03).
Nella Consulta Nazionale e soprattutto nell'Assemblea Costituente, durante la
discussione sugli articoli della nuova Costituzione relativi alle Forze Armate, non
vi furono manifestazioni di antimilitarismo integrale o di ostilità pregiudiziale nei
confronti dell'istituzione militare, salvo poche voci, che furono però largamente
contrastate, ma senza furori polemici. Per esempio, il consultore socialista Michele
Giua sostenne, nella riunione del 24 novembre 1945, che, vista ormai la irrime-
diabile e definitiva impossibilità dell'Italia di avere un esercito adeguato ai tempi
moderni, era necessario "smobilitare la vecchia mentalità militarista e porre le
basi di nuove Forze Armate che siano compatibili con le condizioni reali del Paese".
L'Italia, egli aggiunse, era ormai "costretta a girare sempre come un satellite attor-
no alle grandi nazioni" pertanto occorreva "liberarci del fardello della nostra storia
militare che l'attuale sciagura liquida completamente. Noi non dobbiamo più guar-
dare a una civiltà italiana intesa alla conquista della forza militare; il valore della
razza italiana non sta nelle conquiste dell'Esercito romano, ma nella forza ideale
che promana dal Rinascimento. Per la nuova Italia non si apre che una sola via
che porti alla civiltà: la via del pensiero, la via del progresso, la via della scienza.
Se noi abbandoneremo questa via, ne seguiremo altre che avranno sempre per
scopo finale la catastrofe militare 0 4 ).,, A tale proposta, il ministro della Guerra
Stefano ]acini obiettò che se pure l'Esercito italiano non era più pensabile «Se non
in funzione di un grande organismo internazionale diretto essenzialmente al man-
tenimento della pace, non per questo, a suo avviso, era necessario spogliarci della
tradizione storica militare. Un disarmo totale, dall'esame della situazione interna-
zionale, non gli sembra alla vista: ma se anche a questo disarmo totale, auspica-
bile dal punto di vista umano, si arrivasse, non vede quale vantaggio avrebbero le
nazioni a spogliarsi delle proprie tradizioni militari" 05).
Su questo tema prevalse, fra i padri fondatori della Repubblica, quello che
potremmo definire un ragionevole realismo, che scaturiva in parte da convinzio-
ni sulla natura dell'uomo e sul rischio della guerra, e in parte dalla valutazione di
situazioni contingenti, fra le quali era anche la previsione di una possibile nuova
guerra, dalla quale l'Italia non avrebbe comunque potuto rimanere estranea.
Anche la maggioranza dei rappresentanti dei partiti di sinistra respinse, in quella
sede, le tesi del pacifismo assoluto e della neutralità perpetua, sostenute da alcu-
ni esponenti della sinistra, come il socialdemocratico Umberto Colosso, il quale
propose di attribuire all'Italia il "Primato del pacifismo", consacrando il paese alla
pace perpetua della neutralità assoluta, trasformando l'Italia nel giardino d'Europa,
dove allevare una migliore stirpe di italiani al riparo dalle guerre 06). A tali pro-
poste si opposero altri socialisti democratici e i comunisti. «Noi pensiamo che sia