Page 40 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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                Avevano abbandonato romani, umbri e toscani ma erano sopraggiunti veneti
           e  trentini  che  appaiono  in  numero  percentualmente  basso  nei  reggimenti
           dell'esercito  regolare.  Veneti  e  trentini  arrivarono  a  Torino  dopo  la  liberazione
           della Lombardia e con loro si  cominciò a costituire la  12 a  brigata comandata da
           Massimo d'Azeglio. Appena iniziata la  formazione di questa brigata però i volon-
           tari vennero inviati a Bologna. Altri giovani provenienti dal Veneto e dal Trentino
           si  diressero  direttamente  in  Romagna.  Secondo  il  giornale  "ll  Piccolo  Corriere
            d'Italia"  dal  luglio  1859  in  avanti  circa  seicento  trentini  si  sarebbero  arruolati
           volontari nell'esercito dell'Italia centrale.
                L'Armata Sarda si trasformò in Regio Esercito con le Brigate di nuova costitu-
           zione Brescia,  Cremona, Como, Bergamo e Pavia.  All'inizio del  1860 la  forza  del
           Regio  Esercito  era  di  127.577 uomini  di  cui  23.000  tra  soldati  d'ordinanza  e
            volontari,  compresi  i Cacciatori  delle  Alpi.  Le  truppe toscane contavano  20.455
            uomini e le  truppe emiliane 31.521  uomini, in gran parte volontari o militari che
            avevano fatto parte degli eserciti del Granducato, dei Ducati e delle Legazioni  (27).
                I volontari furono  determinanti  nello  spingere  l'Austria  ad  inviare  al  Pie-
            monte  l'ultimatum  che  diede  l'avvio  alla  guerra.  Furono  importanti  nel  coin-
            volgimento  di  una  opinione  pubblica  europea  tutt'altro  che  favorevole  allo
            scontro  armato.  Furono  utili  nelle  operazioni  belliche.  Permisero  a  Cavour  di
            potersi muovere militarmente anche in uno scacchiere diverso da quello dove si
            svolgevano le battaglie principali.
                Un  discorso  a  parte  merita  il  ruolo  che  vennero  a  svolgere,  nel  complesso
            degli avvenimenti del  '59, gli  ungheresi della Legione costituitasi in Piemonte. Un
            ruolo non già militare,  ma politico, che a noi interessa al  di  là dei tanti problemi
            pratici che l'organizzazione di  questo gruppo anomalo comportò e che ci consente
            di  mettere in evidenza delle costanti nello sviluppo dell'azione cavouriana perché
            Cavour si mosse sempre su piani differenziati; da un lato utilizzando gli  strumenti
            della  diplomazia  ufficiale,  dall'altra attivando  forze  rivoluzionarie.  La  sua  azione
            nell'area danubiano-balcanica va dunque valutata in parallelo con la concomitante
            azione da lui sviluppata in Italia attraverso la Società nazionale italiana (28).
                Cavour  dunque  sollecitò  da  una  parte  l'afflusso  di  volontari  italiani  per la
            guerra e dall'altra la costituzione di un corpo volontario magiaro.
                Il  16  giugno  Klapka  ebbe  ufficialmente  la  direzione  organizzativa  della
            legione che il  18 assunse il  nome di "Esercito ungherese in Italia".
                Gli  ungheresi  non  poterono  partecipare  alle  operazioni  militari  ad  ecce-
            zione dei  pochi che furono  distaccati presso i Cacciatori delle Alpi.  Fu  Cavour



                   (27)  I dati analitici in V.  Ilari, Storia del servizio militare cito  p., 362-3.
                   (28)  A.M. Isastia, Il volontariato militare cit., cap. ottavo.
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