Page 44 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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           gendarmi, a favore dei quali vennero elevati  i limiti massimi di ammissione ma si
           pretese  che  dovessero  essere  italiani.  Per  cui  si  poterono  istituire  le  Divisioni
           (attuali Comandi Provinciali) di Milano, Como, Pavia,  Brescia e Cremona.
               Nel  Granducato  di  Toscana,  costretto  alla  fuga  Leopoldo  II  il  27  aprile
           1859, il  ministro del re  di Sardegna a firenze  Carlo goncompagni divenne subi-
           to  commissario  straordinario  e  Cavour gli  inviò  nel  giugno  successivo  il  mag-
           giore  Filippo Ollandini  per assumere,  con il  grado di  colonnello, il  comando di
           quella  gendarmeria  per  trasformarla  in  Carabinieri.  La  Gendarmeria  toscana,
           all'epoca, era articolata in tre  reparti con sedi  rispettivamente a  Firenze, Livor-
           no e Siena;  il  nuovo comandante, l'Ollandini appunto, la epurò ricostituendola
           il  24  luglio  con  ordinamento  analogo  a  quello  dei  Carabinieri  Toscani.  Dopo
           l'annessione  al  Regno  Sabaudo,  a  Firenze  venne  costituita  con  quegli  effettivi
           una Divisione di Carabinieri Reali,  quindi, poco dopo, toccò a Livorno e Siena.
           Il  colonnello  Ollandini  fu  collaboratore  e  consigliere  tanto  del  Boncompagni
           che di  Bettino Ricasoli che lo  sostituÌ  il  3 agosto  1859 e con essi  preparò il  ter-
           reno per il  plebiscito dell'11  marzo 1860.
               Dal  Ducato di  Parma Maria Luisa si  dovette allontanare il 9 maggio 1859 ed
           il governo provvisorio fu  affidato al  commissario regio piemontese Adeodato Pal-
           lieri che,  in  ossequio agli  accordi di  Villafranca, cedette i poteri 1'8  agosto al  dit-
           tatore Giuseppe Manfredi. Qui tutto avvenne in modo molto "fluido"; con Regio
           Decreto 21  giugno  1859  i 375  uomini  della  Gendarmeria parmense transitarono
           "in toto" nel Corpo dei  Carabinieri Reali e dettero vita alla Divisione di  Parma.
               Diversamente andò  nel  Ducato di  Modena,  donde  Francesco  II  fuggi  1'11
           giugno  lasciando il  governo nelle  mani del  commissario regio piemontese Luigi
           Carlo Farini,  il  quale si  dimise  da quella carica il  27 luglio successivo per accet-
           tare la  dittatura offertagli dalla popolazione; com'è noto accettò poi il  18  agosto
           anche la  dittatura di Parma riunendo sotto il  suo governo ambedue i Ducati (dit-
           tatura  dell'Emilia).  A Modena,  per  riorganizzare  il  servizio  della  pubblica  sicu-
           rezza, fu  inviato dal comandante generale dei Carabinieri Reali Federico Costan-
           zo  Lovera  Di  Maria con  un  nucleo  cii  militari  scelti  il  maggiore  Giuseppe  For-
           menti, il  quale sciolse i  Dragoni che lì svolgevano le  funzioni  di  polizia ed orga-
           nizzò  una  Guardia  Municipale,  composta  proprio  da  ex  dragoni  e  organizzata
           sul  modello  dei  Carabinieri  piemontesi.  Quando  Vittorio  Emanuele  II  dovette
           ritirare dai  territori occupati le truppe ed i funzionari civili, con il Farini restaro-
           no  anche  i  carabinieri  di  Formenti  su  base  volontaria,  previe  "dimissioni"  dal
           Corpo.  La  richiesta  non giunse  però  dal  Governo  sabaudo che  non  se  la  sentì,
           ma direttamente dal  comandante generale.  Dopo l'annessione la  Guardia Muni-
           cipale divenne Divisione di Modena.
               Sempre l' 11  giugno anche gli  austriaci ed i pontifici si  ritirarono dalle guar-
           nigioni  di  Bologna  e  Ferrara,  mentre  in  quelle  terre  fu  nominato  commissario
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