Page 73 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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L'ESERCITO  E  IL  IIRIGANTA(;(;IO                                      57


         - a  maggio  del  1861  - per giudicare  i briganti,  salvo  poi  precisare che quelli che
         venivano catturati con  Ic  armi in pugno dovevano essere fucilati  "immediatamen-
         te, dovendosi considerare questa misura come di fesa  personale e legittima",
              'Ellvolta,  però, anche se  non obiettavano alcunché alla  prassi vigente,  alcuni
         ufficiali  domandavano  chiarimenti  sulla  sua  introduzione.  Si  faceva  allora  riferi-
         mento  ad  un  bando  emanato  dal  generale  fanti  al  momento  dell'entrata  delle
         truppe nel  Regno delle  Due Sicilie, con il  quale - ai  sensi  del  Codice Penale Mili-
         tare - si  comminava  la  pena  di  morte  ai  civili  armati  o,  più  sbrigatival1lente,  si
         faceva  rispondere:  "Non  è  necessario  un  decreto.  Basta  un  ordine  e  questo  il
         colonnello lo  mandi  pure a nome del generale" (22)  alla domanda formulata da un
         ufficiale dei Cavalleggeri di  Lucca  (probabilmente ancora dotato di  una mentalità
         legalitaria  degna clelia  "'T'oscanina" granducale) che - attraverso il  suo colonnello
         - chiedeva con quale decreto fosse stata prevista la  fucilazione.
              Il  sistema in  vigore era successivamente convalidato attraverso circolari che,
         a  vario  livello,  prescrivevano  la  fucilazione  entro  ventiquattro  ore  dalla  cattura,
         su ordine e sotto la  responsabilità ciel  comandante della truppa che aveva cattlll'a-
         to  il  brigante.  Soltanto  a  lui  spettava  quest'onere  ed  in  una  lettera  del  .5  marzo
          1863  il  comandante della Zona Militare di Avellino  lo  ribadiva ad un suo ufficia-
         le  che voleva  far  giudicare  i briganti  da  un'apposita  commissione,  scrivendo che
          la  sentenza  di  una c0111missione  avrebbe assunto  "un aspetto che le  nostre  istitu-
          zioni non consentono, e dal  quale il  militare deve rifuggire,  mentre invece esegui-
          ta come è  prescritto ha  l'aspetto, ed è  una realtà, la  conseguenza di una guerra in
          cui  non si  dà quartiere" (23).  A quegli  ufficiali  che chiedevano chiarimenti su  par-
          ticolari circostanze  relative alla  cattlll'a di  briganti  armati  e  sulla  loro susseguente
          fucilazione,  così  rispondeva  una circolare dell'aprile  1863  " ... se  sorgono dubbi  è
          segno  che  non  si  sono  verificate  tuUe  le  circostanze  previste  c,  in  ogni  caso,  è
          assai difficile che chi è  lontano possa giudicare l11eglio"  (24).
              Ormai,  però,  mancavano  pochi  mesi  all'approvazione  della  "legge  Pica"
          che avrebbe  regolal11entato  l'intera  materia della  lotta  al  brigantaggio nelle  pro-
          vincie  meridionali.  Anche  se  è  correntemente  ricordata  come  una  legge  draco-
          niana, la  "legge Pica" era in  realtà  migliorativa ciel  sistema vigente, prescrivendo
          per tutti  i briganti e  i manutengoli  un  processo davanti ad un Tribunale Militare
          con  la  partecipazione  di  un  difensore  (2.5).  Alcune  buste  ciel  nostro  fondo  sono
          relative  alle  sentenze  emesse  dai  1ì'ibul1ali  Militari  c  la  loro  consultazione  può
          risultare di  indubbio interesse.




              (22)  Busta il,  p.  1747-1753.
              (23)  Busta 65,  fascicolo 3, p, 3%,
              (24)  Busta 46, fascicolo 4, p.  I-II.
              (25)  Assai  utile  per combattere il  manutengolismo si  rivelò anche  l'obbligo del  domicilio
          coatto sancito in via amministrativa.
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