Page 74 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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               Cessata  la  validità  della  "legge  Piea",  alla  fine  del  1865,  la  magistratura
          ordinaria  ebbe  finalmente  la  competenza  su  tutti  i  reati  legati  al  brigantaggio.
          Particolari  poteri  vennero  però  di  volta  in  volta  delegati  al  generale  Pallavicini,
          limitatamente alla messa a disposizione dell'autorità militare di sospetti complici
          dei briganti.  Ciò non  impedì al  generale di  andare anche oltre questi  limiti,  pre-
          scrivendo  che  in  combattimento contro  i  briganti  non  si  facessero  prigionieri,
          facendo salva la vita soltanto a quanti si  fossero arresi (26).
               Forse  anche  in  considerazione  del  fatto  che  la  pena  capitale  era  inflitta  con
          una  certa  frequenza  e  che  questa  doveva  anche  considerarsi  come  un esempio,
          erano abbastanza  rari  - come  è  testimoniato  nell'imponente carteggio  conservato
          nel  fondo - i casi  di  maltrattamento e  di  abuso  di  potere da parte della  truppa e,
          ancor più, degli ufficiali.  Come già aveva disposto nel  1861 il  Ministero della Guer-
          ra, in questi rari casi si  doveva usare il  massimo rigore:  "Si deve tollerare di  fucilare
          i briganti presi armati, ogni altra misl\l'a  di  rigore e odiosa deve essere assolutamen-
          te vietata alla truppa" (27).  Se a combattimento terminato era facile  seguire la linea
          di condotta indicata, non era altrettanto facile  farlo  nel  corso di  rastrellamenti o in
          combattimento,  così  si  verificarono  casi  di  uccisione  di  manutengoli  o  di  briganti
          catturati disarmati che potevano esser liberati dai loro compagni.
               In  taluni casi, come si  verificò durante le  insorgenze dell'estate 1861, erano
           poi  gli  stessi  comandi  ad  ordinare  misure  esemplari.  Si  potevano  avere,  allora,
          oltre alle fucilazioni,  incendi  di  case e  l'imposizione di  multe di guerra.  Si  trattò,
           però, di casi eccezionali e limitati ai  primi mesi (28).
               Se  la  vita dei  briganti era durissima,  quella  dei  soldati era migliore soltanto
           di  poco.  Certo  non  dormivano  sempre  all'aperto,  i  viveri  erano  assicurati,  in
           paese, con una certa regolarità e, in  caso di  malattia, c'era la  possibilità di essere
          curati  o,  addirittura,  di  essere  ricoverati  in  ospedale,  ma,  all'atto pratico,  questi
          vantaggi erano abbastanza relativi.
               L'alloggio era spesso una bicocca che mal  difendeva dalla pioggia e  dal  fred-
           do, a volte non c'erano neppure i pagliericci. Il  vitto (in pratica il  pane e la carne -
           spesso di  montone - per il brodo o poco più) erano a volte di qualità scadente (29).
          Talvolta era di  qualità cattiva anche l'acqua. Tutti questi  fattori, sommati in alcune



               (26)  Busta 126, fascicolo  l, carta 205.
               (27)  Busta 5, p.  529.
               (28)  Tra  l'altro,  busta  Il, p.  1427-1429;  busta  14,  p.  29-31  e 421-424.  Per gli  eccessi
           verificatisi  durante  la  repressione  delle  insorgenze  di  Casalduni  e  Pontelandolfo  vedi  busta  9,
           p.1881-2288.
               (29)  Si  giunse  a  casi  di  avvelenamcnto,  con  morti,  pcr  pane  impastato  a  Celano  con
           segale cornuta (busta 2, p. 433-440).
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