Page 93 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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LE FORZE ARMATE E LA POLITICA 77
potere forte nelle questioni di politica militare? Appare dubbio. Già in Piemonte
e poi sempre più chiaramente nell'Italia liberale la funzione di controllo parla-
mentare sulla politica militare fu sostanzialmente evasa. Forte rimase sempre l'au-
tonomia concessa dalla classe dirigente ai militari, all'interno dei limiti di bilancio
fissati. A indebolire il controllo civile del parlamento, peraltro, fu la stessa classe
politica che mai impose ai militari almeno la leggibilità dei bilanci militari che pu-
re votava: a salvaguardia dell'esercito intervenne, dall'interno della stessa classe
politica e dello stesso parlamento, la folta deputazione militare che sedeva soprat-
tutto in Senato (nonché nei primi decenni postunitari alla Camera).
Tutto questo fu abbastanza chiaro già nelle primissime mosse risorgimentali,
e lo sarebbe stato ancor più in quel 1861 in cui furono poste le basi dello Stato
unitario. Fu in quel periodo che venne definito un modello di relazioni fra forze
armate e politica, cioè fra militari e civili, che sarebbe poi rimasto caratteristico
dell'Italia unita.
Già pochi anni dopo il 1861 i nodi sarebbero tornati al pettine. In seguito al-
la sconfitta sul campo del "1866 le gerarchie militari risposero abbastanza solleci-
tamente, convocando una commissione di generali con il compito di elaborare un
progetto di riforme dell'organismo militare. La traduzione pratica cii quegli indi-
rizzi tarclò, e venne dopo il 1870 sull'oncia clella vittoria prussiana sulla Francia,
del configurarsi cii un governo e di una maggioranza stabili (gli ultimi della Destra
storica) e dell'avvento sulla scena politica di un ministro della Guerra di polso co-
me Cesare Ricotti. Le riforme organiche, di nuovo, non mutarono granché il mo-
dello di relazioni civili-militari. Il ministro Ricotti seppe imporsi in quell'occasione
alla deputazione militare in Parlamento, ma rimase debole di fronte al monarca e
persino di fronte al corpo ufficiali: l'affermarsi negli anni Settanta e soprattutto
Ottanta di una stampa militare più libera da condizionamenti gerarchici diede spa-
zio alla voce del corpo ufficiali, evidenziando l'animus dei militari e creando più
di un fastidio allo stesso ministro. La Corona sabauda, d'altro canto, non ebbe la
forza di costituire un proprio gabinetto militare né ebbe forse l'interesse a raffor-
zare la figura del capo di stato maggiore, quando (nel 1882) essa venne creata.
Nel 1861 (e, come abbiamo visto, anche dopo) a differenza di quello uscito
in Prussia dal Konfliktszeit, il modello italiano cii relazioni fra forze armate e poli-
tica vedeva deboli tutti gli attori: cosa che dava alla configurazione - pur tra vin-
citori e vinti - il sapore dello stallo, e in ogni caso di ridotto controllo civile sul
militare. È ovvio che quel modello di relazioni politiche, destinato ad avere una
certa durata, non venne originato solo dalle vicende del 1861: piuttosto, esse lo
rivelarono, lo misero in evidenza, lo definirono. Le ragioni della debolezza relati-
va degli attori della politica militare italiana infatti venivano da (e andavano) più
lontano. Quella del re veniva almeno da Custoza, quella del ministro dallo Statu-
to albertino e dalla sua salvaguardia della prerogativa regia, quella del parlamento