Page 94 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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78 NICOLA LAllANCA
(oltre che dallo Statuto) dalla scarsa preparazione in questioni di ambito militare
della classe politica (anche se, in quegli anni risorgimentali, le sue competenze
erano maggiori di quelle dei successivi decenni dell'Italia liberale, e non solo).
L"'autonomia" dei militari dal controllo politico, così come l'ha definita Rochat,
si svolgeva quindi non fra poteri forti, come nel caso tedesco, ma fra poteri tutti
fra loro più deboli.
Altre differenze appaiono rilevanti. Abbiamo detto che la posizione di Bi-
smarck, nello scontro di poteri fra Corona e parlamento, fu una di compro-
messo: ma egli non avrebbe accettato mai né di fatto accettò una rinuncia alle
proprie competenze pari a quella che Cavour esplicitamente teorizzò in un suo
importante discorso parlamentare. Intervenendo in appoggio al suo ministro
Fanti contro la vibrata obiezione di La Marmora, e quindi pur a favore delle
prerogative del potere legislativo ed esecutivo di fronte al poter militare, Ca-
vour disse che la Camera non era in condizione "di portare avanti un giudizio"
- ce lo riporta Pieri - "tra le asserzioni del generale La Marmora, che egli av-
valorò con la sua esperienza, con la sua grandissima abilità, e le asserzioni del
generale Fanti, che si appoggiano su esperienze non minori delle principali na-
zioni militari d'Europa; ma sarebbe, la parola che sto per profferire è forse az-
zardata, sarebbe ridicolo che chi non è militare voglia giudicare se l'ordinamento
militare della Francia sia migliore di quello della Prussia, o meno buono dell' or-
dinamento del generale La Marmora, il quale non è neppure quello della Prus-
sia. E poi l'ordinamento del generale la Marmora non ha altro identico in Europa.
Dunque, ammesso anche che possa essere il migliore, possiamo noi, che non sia-
mo militari, che non abbiamo fatto studi militari, essere in grado di poter dire
il generale la Marmora ha ragione contro tutti gli ordinamenti d'Europa? Ma,
signori, questa sarebbe da parte nostra una presunzione" (28).
Si trattava, come si vede, di un'abdicazione e di una rinunzia che - pur
pronunciata da civile allo scopo congiunturale di screditare la discordia fra i ca-
pi militari e da presidente del consiglio per sostenere il proprio ministro della
Guerra da una accusa imprevista - finiva per sancire la più larga delle preroga-
tive regie sulle materie militari. Anche nel compromesso, Bismarck cercò inve-
ce di tenere alte le competenze del cancelliere e della politica - in una parola
dei civili - sui militari.
Dal canto loro invece i democratici e Garibaldi - in quelle discussioni del
1861 da cui pure uscirono sconfitti dal coalizzarsi della volontà di Cavour, del-
la maggioranza moderata del Parlamento, della Corona e delle alte gerarchie -
avevano posto un problema vero. Infatti, le questioni dell'armamento del Paese,
dell'esercito meridionale e della Guardia nazionale non rappresentavano solo
(28) Cito in Piero l'ieri, Le forze armate lIel/'età della Destra cit., p. 41.