Page 94 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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           (oltre che dallo Statuto)  dalla scarsa preparazione in  questioni di  ambito militare
           della  classe  politica  (anche  se,  in  quegli  anni  risorgimentali,  le  sue  competenze
           erano  maggiori  di  quelle  dei  successivi  decenni  dell'Italia  liberale,  e  non  solo).
           L"'autonomia" dei  militari dal  controllo politico, così  come l'ha definita  Rochat,
           si  svolgeva quindi non  fra  poteri  forti,  come nel caso tedesco,  ma  fra  poteri tutti
           fra  loro più  deboli.
               Altre differenze  appaiono  rilevanti.  Abbiamo  detto che  la  posizione di  Bi-
           smarck,  nello  scontro  di  poteri  fra  Corona  e  parlamento,  fu  una  di  compro-
           messo:  ma egli  non avrebbe accettato  mai  né  di  fatto  accettò una  rinuncia  alle
           proprie competenze pari  a  quella che  Cavour esplicitamente teorizzò in un suo
           importante  discorso  parlamentare.  Intervenendo  in  appoggio  al  suo  ministro
           Fanti  contro  la  vibrata  obiezione  di  La  Marmora,  e  quindi  pur  a  favore  delle
           prerogative  del  potere  legislativo  ed  esecutivo  di  fronte  al  poter  militare,  Ca-
           vour disse che la Camera non era in condizione "di portare avanti  un giudizio"
           - ce  lo  riporta  Pieri - "tra le  asserzioni  del  generale  La  Marmora, che egli  av-
           valorò  con  la  sua esperienza,  con  la  sua grandissima  abilità,  e  le  asserzioni  del
           generale  Fanti, che si  appoggiano su  esperienze  non  minori  delle  principali  na-
           zioni  militari  d'Europa;  ma sarebbe,  la  parola che sto per profferire è  forse  az-
           zardata, sarebbe ridicolo che chi non è militare voglia giudicare se l'ordinamento
           militare della Francia sia migliore di quello della Prussia, o meno buono dell' or-
           dinamento del  generale  La  Marmora, il  quale  non è  neppure quello della Prus-
           sia. E poi l'ordinamento del generale la Marmora non ha altro identico in Europa.
           Dunque, ammesso anche che possa essere il  migliore, possiamo noi, che non sia-
           mo militari,  che non abbiamo fatto  studi  militari,  essere  in  grado di  poter dire
           il  generale  la  Marmora  ha  ragione contro tutti  gli  ordinamenti d'Europa?  Ma,
           signori,  questa sarebbe da  parte nostra  una  presunzione" (28).
               Si  trattava,  come  si  vede,  di  un'abdicazione  e  di  una  rinunzia  che  - pur
           pronunciata da civile allo scopo congiunturale di  screditare la discordia fra  i ca-
           pi  militari  e  da  presidente  del  consiglio  per  sostenere il  proprio ministro  della
           Guerra da una accusa  imprevista - finiva  per sancire la  più  larga delle preroga-
           tive  regie  sulle  materie  militari.  Anche  nel  compromesso, Bismarck cercò inve-
           ce  di  tenere  alte  le  competenze  del  cancelliere  e  della  politica  - in  una  parola
           dei  civili  - sui  militari.
                Dal  canto  loro invece  i  democratici  e  Garibaldi  - in  quelle  discussioni  del
           1861  da  cui  pure uscirono sconfitti dal  coalizzarsi della volontà di  Cavour,  del-
           la  maggioranza  moderata  del  Parlamento,  della  Corona e  delle  alte  gerarchie -
           avevano  posto un problema vero.  Infatti, le  questioni dell'armamento del  Paese,
           dell'esercito  meridionale  e  della  Guardia  nazionale  non  rappresentavano  solo



                (28)  Cito  in  Piero l'ieri, Le forze armate lIel/'età della  Destra cit., p.  41.
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