Page 57 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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LA  FUNZIONE DELL'OPINIONE  PUBBLICA  ITALIANA  DAL  PRIMO  DOPOGUERRA ...   35


        Una vivace campagna di stampa dell"'Avanti!",  unitamente ad alcune  manifesta-
        zioni  popolari  avevano  appoggiato  questa  proposta.  Un  progetto  di  legge  for-
        mulato da Modigliani era stato preso in considerazione da un'apposita commissione
        parlamentare  nel  novembre  del  1918,  ma  poco  dopo  venne  abbandonato.  Lo
        stesso Modigliani nel suo discorso alla Camera aveva  ribadito che:  "se in un re-
        gime,  non dico  democratico,  ma appena civile  e  razionale, tutti i  poteri debbo-
        no essere per definizione pubblici e controllabili, non si  arriva a capire perché il
        potere giornalistico, che se  non è il  primo non è certamente l'ultimo dei poteri,
        abbia il  diritto di avvolgersi in una oscurità che ne rende incontrollabili le  origi-
        ni  ed i mezzi  di  sussistenza,  e  permette i suoi  trucchi  che  lo  fanno  apparire so-
        stenitore  di  propositi  che  non  sono  veramente  i  suoi,  mentre  gli  consente  di
        giungere sotterraneamente gli  scopi a  cui  veramente mira" (19).
            Dunque,  il  fatto  che,  già  prima  della  fine  della  guerra,  "gli  ambienti  indu-
        striali e in particolare quelli dell'industria pesante, si  stessero muovendo per l'or-
        ganizzazione  di  un  vasto  fronte  di  pressioni  sulla  classe  politica  e  sull'opinione
        pubblica", va tenuto presente come fattore strutturale che incide in buona misu-
        ra sui  processi  di  formazione  dell'opinione (20).  Agli  investimenti  dei vari  gruppi
        industriali e finanziari nei confronti della grande stampa di informazione e di opi-
        nione vanno poi aggiunte le  partecipazioni all'industria editoriale e tipografica e
        alle agenzie di informazione. Come rivelerà la commissione d'inchiesta del 1923:
        "L'acquisto delle azioni delle Società editrici di  molti giornali, nelle diverse città,
        non  fu  certamente  compiuto  per  collocare  in  imprese  redditizie  dei  milioni  ri-
        masti inoperosi ed infruttuosi nelle casse  dell'Ilva:  bisognava aumentare intorno
        alla  Società,  che  viveva  e  prosperava  a  spese  dello  stato,  il  coro  delle  voci  dei
        grandi  giornali  e  il  plauso  compiacente  dei  piccoli,  della  platea.  Bisognava  me-
        diante la sapiente propaganda giornalistica persuadere l'opinione pubblica del pae-
        se che la siderurgia è un dono offerto dalla provvidenza alla nostra vita nazionale;
        prepararla a batter le  mani alla scandalosa liquidazione che si  sperava per i con-
        tratti  di guerra;  indurla ad  approvare quei  Governi  che  si  apprestassero  a  man-
        tenere  e anche  ad  aumentare  il  presidio  della  protezione  doganale,  il  privilegio
        delle commesse di  favore.  Bisognava inoltre assicurare agli uomini politici amici
        la  difesa di  grandi  organi  della stampa,  imporsi a  quelli  avversari o tepidamente
        favorevoli  con la  minacciosa  ostilità  di  giornali  importanti.  Era infine  indispen-
        sabile  disporre  di  difensori  audaci  e  temuti  per  il  giorno,  non improbabile, del
        redde rationem" (21).



            (19)  Riportato da V.  Castronovo, op.  cit.,  p.  283.
            (20)  Ivi, p.  300.
            (21)  Ivi, p.  306-307.
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