Page 62 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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40                                                          LORELLA  CEDRONI


                L'esercito  era  uscito  dalla  guerra  avendo  raggiunto  il  suo  obiettivo  primario
             "di impedire  un'esplosione  rivoluzionaria  (ed  infatti  il  suo  ruolo  nella politica
             interna del  dopoguerra è notevolissimo)"(39).

                Nel  clima  agitato  del  dopoguerra i reduci svolsero  un ruolo considerevo-
             le  in quanto soprattutto a  loro erano state  fatte  grandi promesse di  compen-
             si materiali. Essi erano per la maggior parte "fanti-contadini" che avevano fatto
             ritorno nelle  campagne  dove  era maggiormente  sentita la  carenza di  braccia.
             Dopo gli incitamenti propagandistici del  1918 la  dominante psicologia del re-
             duce  era  diventata  l'impazienza.  Anche  se  "quei fanti  - come  ha  scritto Me-
             lograni  - non  costituirono  una  "classe",  furono  abbastanza  numerosi  per
             stimolare le  inquietudini di  tutte le  classi" (40).  E anche se  fallirono  nell 'eser-
             citare  un'influenza  politica - alle  elezioni  del  1919  le  liste  degli  ex-combat-
             tenti  raccoglieranno in tutta Italia appena due o trecentomila voti (41)  - i reduci
             esprimono in varie forme la loro aspirazione a mutare l'ordine costituito. Non
             a  caso  Mussolini  nel  '21-'22  recluterà  proprio fra  i reduci  buona parte  della
             sua massa  di  manovra.
                Il  "combattentismo"  - o  meglio  i  suoi  derivati  - è  un  fenomeno  degno  di
             considerazione soprattutto se  si  tiene presente la  sua funzione nel mantenere gli
             orientamenti  nazionalisti  e  antislavi,  orientamenti  presenti  durante la  guerra in
             quella parte dell'opinione pubblica italiana che aveva reclamato la "vittoria dell'Ita-
             lia  in  Italia"  e  una pace  di  "potenza" come  giusta  pace (42)  a  fronte  dell'idea di
             "pace democratica"  promossa e sostenuta da quasi  tutta la  grande stampa quo-
             tidiana, cassa di risonanza del "wilsonismo", che tante ed entusiaste adesioni ave-
             va  avuto nell'immediato dopoguerra. Il wilsonismo si  presentava non solo come
             un  vasto  fenomeno  di  opinione - tuttavia di  breve  durata - ma  anche come un
             fattore di  politica interna alternativo al  bolscevismo" (43).
                La  vittoria finale  aveva però rafforzato l'orgoglio nazionale cosicché  tra la
             fine  del  '18  e i primi  del' 19 si  consumò la  breve stagione del  wilsonismo - di



                 (39)  Ibidem.
                 (40)  P.  Melograni, op.  cit.,  p.  558.
                 (41)  Del  resto  anche  le  altre  forze  politiche  erano  sottorappresentate.  Emilio  Gentile
             ha  spiegato  chiaramente  il  problema  dei  ceti  medi  alle  elezioni  del  1919;  cfr.  E.  Gentile,
             Fascismo  e  alltifascismo,  Firenze,  Le  MOllnier,  2000.
                 (42)  Secondo la  formula  della  rivista  nazionalista  "Politica", come documenta  De  Felice,
             op.  cit.,  p.  447.
                 (43)  Ivi,  p.  448.
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