Page 74 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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            contumacia da parte del tribunale.  È importante sottolineare che i casi  di  "rifiu-
            to di  obbedienza"  e  "insubordinazione"  non  sono  numerosi  e che nessuna  sen-
            tenza viene emessa per i maggiori reati di "ammutinamento" e "rivolta", quest'ultimo
            caso "quando militari in numero superiore a quattro si  rifiutano di  obbedire alla
            prima intimazione dei loro superiori o producono armi e agiscono contro gli  or-
            dini dei  loro capi". I disordini scoppiati sulle navi francesi in mar Nero nel  1919
            e le  dimostrazioni  degli  equipaggi inglesi  dei  caccia  destinati in  Baltico e su  due
            incrociatori della R.  Navy,  lo  stesso  anno,  impensieriscono le autorità della Ma-
            rina.  Là situazione  della  nostra Marina è  molto  migliore  di  quella  dell'Esercito,
            su cui incidono le pessime condizioni del vitto; quest'ultima viene definita dal Mi-
            nistero della Guerra nel luglio del  1920 dopo i rifiuti di  reparti di Monfalcone e
            di  Trieste  di  partire  per l'Albania  e i fatti  di  Ancona,  di  cui  parleremo, in  "fase
            precaporettiana" (ACS,  P.C.M.  1920,  Busta  1.2.1520).
                La  percezione della minaccia della Sinistra è ben espressa in un appunto del
            vice  amm.  Cagni,  nel  febbraio  del  1920, di  istruzioni ai  comandanti di  compa-
            gnia  del  Duilio  per l'ordine pubblico  all'interno dell'arsenale di  Spezia, che re-
            cita:  "Vattuale  nemico  non è  nemico  della  Patria  meno  di  quello  che  abbiamo
            combattuto e vinto in guerra" .... "; nelle  istruzioni è chiaramente indicata la  ne-
            cessità che in casi estremi si  debba fare  ricorso al  fuoco con le armi (USMM,  Bu-
            sta  1472). Nell'aprile del  1921  il  comandante del  Libia a  Dakar fa  sbarcare da
            un  mercantile italiano  due  marinai  che  passando sottobordo all'incrociatore su
            una  imbarcazione  cantano  "Bandiera  Rossa".  Vatteggiamento  psicologico  degli
            appartenenti alla Marina risulta anche  da altri esempi.  Nel  1921  i giovanissimi
            allievi della Scuola Meccanici di Venezia prestano servizio di ordine pubblico in
            occasione di scontri tra fascisti e la Sinistra; i primi con la bandiera nazionale in
            testa inneggiano alla  patria e alle  istituzioni,  i secondi urlano -tutto il  contrario.
            Vautorità di  Pubblica Sicurezza per ristabilire l'ordine fa  caricare equamente dai
            reparti  di  Marina  le  due  parti,  anche  in  ossequio  ad  un  criterio  prefettizio  di
            equidistanza;  "  ma  come" - si  chiedono i giovani  marinai nell'eseguire discipli-
            natamente l'ordine - "ci hanno insegnato ad onorare la Patria e il Re ed ora dob-
            biamo comportarci nella stessa maniera verso gli  uni e gli  altri?".  Ma nel corso
            di  uno scambio  polemico di  lettere  con il Comandante Militare Marittimo che
            muove  rilievi per l'impiego dei suoi uomini in piazza, il  prefetto di Venezia non
            manca argutamente di  rilevare  che  ci  sono anche manipoli  di  fascisti  che,  sem-
            pre cantando  inni  patriottici,  gridano  ''Abbasso  il  Re,  Viva  D'Annunzio!".  Una
            bella confusione!  (USMM,  Busta 2406). Un altro esempio può essere tratto dagli
            scritti  di  Guido Milanesi,  ufficiale  di  Marina fino  1919  e  poi scrittore a  tempo
            pieno,  che  occupa  un  posto  molto  marginale  nella  letteratura italiana ma è  un
            attento osservatore del suo tempo all'interno della Marina ed esprime bene l'an-
            tipatia di  un giovane ufficiale nei  confronti di Nitti e del ministro Sechi.  Un uf-
            ficiale  guarda  tristemente  dalla  finestra  del  suo  ufficio  sul  prospiciente  muro
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