Page 110 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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            Le  speranze  aumentano  sull'Alto  Adige  e  persino  su  Briga  e  Tenda,  mentre
            ben poco ci  si  attende dalla questione coloniale.  Dunque:
                "Tutto sommato c'è ( ... ) motivo a sperare che i termini del progettato trattato
            di  pace possano essere alquanto modificati  e mitigati  nella conferenza inaugurata
            ieri  a Parigi" (93).

                Ma  non  tutte  le  voci  sono animate  dal  residuale  ottimismo dci  direttore  dci
            Corriere.  Il  2  agosto,  per la  prima volta,  un  giornale  italiano - nella  fattispecie  Il
            Messaggero  di  Roma - si  pone la  domanda se  sarà il  caso di  firmare,  riprendendo
            l'idea espressa  da Croce  in  occasione del  congresso liberale (94).  Lo  stesso giorno,
            anche l'organo democristiano riprende lo stesso quesito (95).  Domenico Bartoli, in-
            viato de LEuropeo a Parigi commenta l'eventualità di  un "gran rifiuto":

                "In pratica il nostro duro destino di  Paese vinto e occupato non può essere di-
            verso da quello della Germania dci  '19, vinta ma non occupata. Resti o no De Ga-
            speri al  potere, dovremo firmare,  come firmò  la  Germania.  Una ribellione senza i
            mezzi  per sostenerla è soltanto un bel gesto, e l'Italia deve avere almeno imparato
            quanto sia dannosa e sciocca la politica dei  bei gesti" (96).
                La questione è per il momento accantonata. Il  momento è grave e, a parte le ec-
            cezioni  di  Borsa,  l'opinione pubblica moderata è unanime nell'attendersi  il  peggio.
            La  stampa cattolico-governativa affronta  l'apertura  della  conferenza con  un  fatali-
            smo  che  la  allontana  dalle  posizioni  più  ottimiste  di  alcune  settimane  prima:  don
            Sturzo lancia un  poco convinto appello agli  Stati Uniti, visti come unico vero inter-
            locutore dell'Italia, dato che Washington non ha mire ne' sulle Alpi  occidentali, ne'
            su Trieste ne' sulle colonie (97) Giulio Andreotti analizza asetticamente le clausole per
            concludere lapidario:  "È da  osservarsi che queste misure ci  sono imposte semplice-
            mente perché siamo riconosciuti vinti" (98).  Per  Ernesto  Pisoni,  sull' Italia,  ''A Parigi
            siamo sul tavolo anatomico" e ci  siamo  perché "siamo pressoché impotenti" (99).



               (93)  M.B. (Mari Borsa), "Noi c i ventuno", in:  Nuovo Corriere della Sera, cito
               (94)  "Firmcrà l'Italia il trattato di  pacc?", in:  Il  Messaggero,  2 agosto  1946, p.  1.
               (95)  "Firmercmo?", in:  Il Popolo, 2 agosto  1946, p.l.
               (96)  Domcnico  Bartoli,  "Davanti  ai  vincitori",  in:  L:Europeo,  anno  II,  n.  31,4 agosto
            1946, p.  3.
               (97)  Luigi  Sturzo, "La  pace  indivisibile c  l'errorc capitalc di Washington",  in:  Il Popolo,
            28 luglio  1946, p.  1.
               (98)  Giulio Andrcotti, "Noi vinti", in:  Il Popolo, 30 luglio  1946, p.  1.
               (99)  Erncsto Pisoni,  "Di frontc a Parigi",  in:  L'Italia, 4 agosto 1946, p.  1.
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