Page 158 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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•  '  ..                                                GIANFRANCO  IIENEDE'lTO
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              invece assistette con  una sorta di  distacco ai  contrasti interni alla  DC, in  polemica
              con questa e con la  Santa Sede per la condivisione delle politiche reazionarie pro-
              prie del  mondo affaristico americano. Nemmeno con il  Partito socialista fu  possi-
              bile avviare un serio dialogo,  nonostante i tentativi esperiti  dal gruppo che faceva
              capo a  Gronchi  e che costituiva  la  parte della  DC con  maggiori  possibilità  di  av-
              viare  una  discussione  con  il  partito  di  Nenni.  Copposizione era  diffusa  anche  in
              larghi settori dell'opinione pubblica:  vi  era forte avversione verso le  nuove'allean-
              ze,  le  questioni militari,  le  nuove minacce di  conflitto.  La  fine  della guerra era an-
              cora troppo recente,  la  ricostruzione  era appena iniziata e  vi  era  un  forte  deside-
              rio di  ritornare alla normalità.  Come emerge dalle corrispondenze dell'ambasciata
              americana a Roma al  Dipartimento di  Stato, dell'ottobre 1948 (83),  fu  allora che gli
              americani  presero  a  mostrare  attenzione  al! 'Azione  Cattolica - nella  quale  aveva
              un  ruolo di  primo piano Luigi  Gedda,  fondatore dei  Comitati Civici - vista come
              un  potente strumento anti-Cominform, riponendo ampia fiducia nello stesso Ged-
              da che attraverso i suoi ventimila Comitati Civici avrebbe potuto diffondere l'idea
              del  blocco occidentale nel  popolo italiano.
                  Sulla diffusa  opposizione, Sforza  scrisse:  «Noi  stessi  del  governo fummo  del-
              l'opinione  di  non  fare  alcun  passo  per aggregare  il  nostro  Paese  a  quella  allean-
              za U l4 ).  Ma  allo  stesso  tempo,  è  necessario  che  l'opinione  pubblica (85)  esca  dalla
              convinzione  che  l'Italia  possa  rimanere  avulsa  dalla  divisione  in  due  sfere  d'in-
              fluenza,  superando  il  mito  neutralista  che  pretende  di  equipararla  alla  Svizze-
              ra (86»).  «Per chi, come noi, detiene posizioni strategiche è inutile sperare nella neu-
              tralità. La neutralità può rispettare certe formule,  ma quando la guerra si  getta sul
              mondo e c'è una posizione di  evidente importanza strategica, se  quella posizione



                  (il3)  R.  Faenza-M.  Fini,  Gli americani in Italia,  Milano,  1976, p.  321 -325.
                  (84)  C.  Sforza, Cinque alli/i, cit.,  p.194.
                  (85)  La  soc.  Doxa, subito  dopo  il  termine  della  gllerra,  nel  1946,  effettuò  un  sondaggio
              nella  popolazione italiana  SlI  quale  tra le  quattro maggiori  potenze fosse  quella  meglio disposta
              verso l'Italia.  Il  76% degli  interpellati indicò gli  Stati Uniti,  il  90/0  l'Urss, il 5% la  Gran Bretagna,
              il  2% la  Francia. Alquanto sorprendente che i simpatizzanti comunisti indicassero per il  38% gli
              Stati  Uniti  e  quelli  socialisti  facessero  uguale  cosa  per  il  68%.  Cfr.  B.  Vigezzi,  Politica estera e
              opinione pubblica in Italia dall'l/nità ai nostri giorni,  Milano, 1991, p.  164.
                  (86)  A questo  proposito, con  un  velato sarcasmo, Sforza,  nel  suo intervento alla  Came-
              ra  dei  Deput;lti  il  15  marzo  1949,  precisò:  «La  Svizzera,  con  uno stoicismo  che  ammiro,  ha
              stabilito che in  caso di  tentata invasione del suo suolo abbandoni gran  parte del  suo territorio
              per rinchiudersi entro il massiccio 1I10ntano centrale che è una gigantesca fortezza naturale la-
              sciando tutto il  resto del  Paese  nelle  mani  del  nemico».  Cfr.  C.  Sforza, Cinque anni a Palazzo'
              Chigi,  cit., p.  226.
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