Page 177 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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IL  RAPPORTO  TRA  LA  MARINA  E LA  NAZIONE  DALLA  LIBERAZIONE  ALLA  CADlITA  DEL  MURO  DI  BERLINO  _

         squadra, tre comandi divisione, quattro comandi di reparto retti da un capitano di
         vascello e tredici retti da capitani di fregata o di corvetta. Tali fatti, a parte gli evi-
         denti  svantaggi  per  la  funzionalità,  creano  danni  all'immagine  presso  l'opinione
         pubblica. La critica della stampa è frequente;  atto di  rilievo è l'intervento alla Ca-
         mera dell'onorevole Longa del P.c.!.  il 16 ottobre 1951  in cui lamenta che il nu-
         mero degli ammiragli in servizio durante la guerra fosse  appena di un terzo supe-
         riore a quello attuale con una flotta di dislocamento dieci volte maggiore, natural-
         mente senza menzionare il problema dell'eccedenza numerica del personale civile.
             Prima della Liberazione del 1945, le maestranze della R. Marina appartenen-
         ti  alle varie direzioni  (delle costruzioni e delle armi navali, delle officine lavori e
         altre)  e utilizzate nelle varie località (Roma, Napoli, Castellammare, Cagliari, La
         Maddalena, Palermo, Trapani, Augusta, Messina, Taranto, Bari, Brindisi, Venezia
         altre) sono circa 26.000, ripartite tra le  installazioni  della Marina, circa 10.000,
         e quelle alle dipendenze del comando alleato, circa 16.000.
             Dopo la Liberazione, a La Spezia dei quasi  18.000 civili presenti prima del-
         l'armistizio entro la fine  del  1945, ne sono stati riassunti  10.000(4) e la loro ci-
         fra sale a 13.000 a metà 1948; a Taranto sono circa 13.000 e il numero è il  me-
         desimo nel 1948; a Venezia il  C.L.N. all'atto della Liberazione praticamente im-
         pone la riassunzione di circa 5.000 civili  (ex-Marina R.S.!., ex-salariati dei tede-
         schi, ex-arsenale di Pola)  senza diminuzioni  nel  1947; a Brindisi  e a Napoli so-
         no circa  1.000 e 2.700, rispettivamente.  La  Marina costituisce quindi elemento
         trainante per la ripresa di  queste città.

             Ma con la  fine  della guerra in  Europa e  dell'attività a  favore  degli Alleati,
         gli  arsenali  hanno poco lavoro.  Se  La  Spezia  per tutto il  1946 è  ancora impe-
         gnata al  ripristino delle  installazioni  bombardate e lo  sgombero della rada dai
         relitti, Venezia  è  praticamente inattiva  e Taranto  provvede  alla  massima  parte
         delle riparazioni delle navi,  ben poca cosa rispetto alla forza lavoro.  Sono do-
         cumentate fino ai  primi anni Cinquanta una lunga serie di  agitazioni e scioperi
         sostenuti dai  partiti e  manifestazioni all'esterno e all'interno degli arsenali per
         reclamare assunzioni di  operai licenziati dagli Alleati, reduci di guerra, ecc. che
         si  traducono spesso  in  atti di  ostilità  nei  confronti delle autorità locali;  la Ma-
         rina tenta almeno di  tagliare le  eccedenze di  avventizi ("non vincolati") e degli
         operai "a regia" (appalti alle ditte esterne). L'arsenale di Messina (2.500 operai)
         è in fibrillazione nel timore che con il Trattato di Pace le basi siciliane vengano
         ridotte alla sola Augusta.



             (4)  Vedi anche F.  Maugeri, Ricordi di un marinaio, Mursia,  1980, p.  246.
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