Page 332 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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SALVATORE  MINARDI

            di  relazioni  internazionali,  confrontandosi  con  Stati  Uniti,  Unione  Sovietica,
            Giappone e Cina. Ma per fare  ciò essa avrebbe dovuto rinnovarsi anche in campo
            politico-isituzionale (106).
                Per le preoccupazioni dovute alla fine  della distensione, l'Europa forniva al
            dibattito il  suo sfondo naturale in  cui Stati Uniti  e Unione Sovietica si  fronteg-
            giavano  lungo  una rigida  frontiera  politico-ideologica.  Su  la  Repubblica  Anto-
            nio Gambino scrisse che se l'Europa occidentale non voleva più continuare a es-
            sere  il  terreno  del  braccio  di  ferro  tra americani  e  sovietici,  subendone  i  con-
            traccolpi, doveva assumersi "la responsabilità e il  peso della propria difesa, dan-
            dosi  forze  militari che, senza rappresentare una minaccia per nessuno", fossero
            sufficienti a garantirne la  protezione (107).
                Sullo stesso quotidiano in un editoriale di  Ferragosto, Eugenio Scalfari riprende-
             va il tem.a,  chiedendosi  e chiedendo a quanti avevano accusato de Gaulle di  militari-
            smo e nazionalismo di  fare  ammenda.  Di  qui  la  considerazione che il  ripensamento
             della funzione che l'Europa doveva svolgere non potesse essere fatta che da una Eu-
             ropa unita, politicamente consapevole di  dovere provvedere alla sua difesa 'C  alla sua
            stessa esistenza (108).  Col capo cosparso di cenere, Felice Ippolito faceva "atto di  con-
             trizione", riconoscendo "che probabilmente de  Gaulle aveva ragione nella sua  insof-
             ferenza per l'egemonia americana". Perciò, a suo giudizio, occorreva "rilanciare tutte
             le iniziative volte a rendere piu omogenea e politicamente esistente l'Europa" (109).
                Per Leo Valiani,  viceversa, il  richiamo "alla politica militare di de Gaulle" era
             "un  diversivo  velleitario.  "Sul  piano  mondiale  - affermava  Valiani  - la  potenza
            americana garantiva, comunque, la  sicurezza anche della Francia, che poteva gio-
             care perciò all'autosufficienza". E avvertiva che i governi europei dovevano, sì, in-
             durre Washington a una sincera trattativa con Mosca ma evidentemente gli  ameri-
             cani avrebbero potuto negoziare "senza capitolare solo da posizioni di parità" (110);
             mentre Franco Fornat"i sosteneva che la migliore garanzia della pace era da ricer-
             care nella "riunificazione"  delle  due  Europe "sotto l'ombrello di  un deterrente
             atomico continentale improprio" (111).



                 (106)  Cfr.  su  questo  punto Massimo L.  Salvadori, L:alternativa  dell'Europa.  Quarant'anni
             dO!JO  Yalta,  Roma-Bari,  Laterza,  1985, p.  117-18.
                 (107)  Gambino, art.  cito
                 (108)  Eugenio Scalfari, "Forse de Gaulle aveva ragione ... ", la Repubblica, 15 agosto 1981.
                 (109)  Felice  Ippolito, "l'Europa s'é desta ... ", la  Repubblica,  19 agosto  1981.
                 (11 O)  Leo Valiani, "Comunismo c nuovo riformismo", Corriere della Sera,  23 agosto 1981.
                 (111)  Franco Fornari, "Un continente in olocausto", Corriere della Sera, ibidem ..
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