Page 64 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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STEFANO  B.  GALLI

            le pagine di un  libro denso di suggestioni, che tuttavia non è espressamente dedica-
            to alla tragedia degli  italiani della frontiera orientale nell'immediato secondo dopo-
            guerra ma abbraccia un ciclo temporale assai  più ampio. Probabilmente, se all'inizio
            degli  anni Novanta non fosse  scoppiata la  guerra nella ex Jugoslavia,  sulla scia del
            Secondo  Ottantanove  e,  dunque,  dell'implosione  del  sistema  politico  dell'Europa
            centrorientale, Bettiza - per sua stessa ammissione - non avrebbe scritto Esilio, libro
            dedicato alle sue origini e alla sua terra, orrendamente offesa e sconvolta dal conflit-
            to. A proposito di  se  stesso ci  racconta nel  Prologo  del libro di  essere  un esule "nel
            più  completo senso  della parola:  un esule  organico  più che  anagrafico,  uno che si
            sentiva già in esilio a casa propria, molto prima di affrontare la via dell'Esodo effet-
            tivo nella scia delle grandi migrazioni  che,  verso la  fine  della seconda guerra euro-
            pea, dovevano stravolgere la carta etnica e geografica dell'Est europeo. Fin dai tem-
            pi in cui ero stato costretto a spostarmi di  continuo fra il confino scolastico di  Zara
            e l'ambiente nettamente più slavo e più familiare  di Spalato, mi sono trascinato ad-
            dosso il  disagio  di  un ragazzo bilingue, sdoppiato, spesso quasi estraneo a se stesso.
            Un ragazzo che non sapeva mai bene a chi  e a che cosa appartenere; sempre in bili-
            co  perplesso  e  interrogativo  fra  genitori,  nonni,  zii,  cugini,  amici,  amiche,  nutri ci,
            servi di diversa nazionalità; sempre precario in una terra nella quale, soprattutto do-
            po il  crollo dell'Austria, i risentimenti e  i contrasti nazionali erano diventati l'acido
            pane quotidiano di cui si  nutrivano i suoi irrequieti abitanti" (2).
                Cercando di penetrare la dimensione psicologica e interiore dell'esule, Bettiza
            osserva che  questo  sentimento  di  sradicamento  "si  rafforzò  quando  per  me,  non
            ancora diciottenne, arrivò il momento chirurgico del taglio ombelicale: l'Esodo ve-
            ro e proprio, lo strappo definitivo dalle vecchie mura di Spalato. Allora cominciò
            il lento processo di  necrosi dei  ricordi legati a Spalato e alla Dalmazia. Fatto è che
            l'esilio  e  la manutenzione dei  ricordi  non vanno molto d'accordo.  In genere,  rie-
            vocano meglio se stessi e  la propria vita coloro che rimangono radicati  nel  luogo
            dove sono  nati.  Invece  l'esilio  prolungato  nello spazio e  nel  tempo,  l'esilio  senza
            ritorno, aggravato dal vagabondaggio dispersivo in altri mondi, possiede una rara
            quanto perforante facoltà  distruttiva:  lentamente carbonizza  tutto ciò che  siamo
            stati altrove,  recide  i vincoli  cii  sangue, spegne i ricordi,  fa  impercettibilmente ta-
            buia rasa del passato. Cesilio è come un suicidio indolore e quasi notarile dell'im-
            probabile persona che l'esule era stato una volta e che non è  più. Agisce alla stre-
            gua di un notaio all'apparenza distratto, sommesso, ma implacabile, che morbida-
            mente costringe l'io a stipulare con se stesso un atto cii  rinuncia consensuale a quei
            marcanti beni ereditari che sono la  memoria e  l'identità" (3).


               (2)  E.  Bettiza,  Esilio,  Mondadori, Milano  1996, p.  17.
               (3)  Ivi,  p.  18.
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