Page 67 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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t:ESODO DEGLI ITALIANI DALLA FRONTIERA ORIENTALE
accordata esclusivamente agli antifascisti che avevano tuttavia già espresso un
orientamento ideologico preciso con l'adesione al vasto e popolare movimento di
liberazione sloveno e croato, condividendone i valori e il programma politico,
compresa l'annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Il ricorso al plebiscito
si rendeva pertanto inutile (7).
Il primo a proporre questa soluzione fu il segretario di Stato americano James
Bymes, ma la sua proposta - pur appoggiata dai sovietici - era stata osteggiata dal-
la delegazione italiana guidata dal capo del governo Alcide De Gasperi (8), che in
quel momento stava negoziando con il ministro degli Esteri austriaco, Alois Gruber,
il celebre accordo sulla questione sudtirolese. Il ricorso a un plebiscito per la Vene-
zia Giulia avrebbe probabilmente comportato, pertanto, un'analoga soluzione per
l'Alto Adige, con un risultato largamente sfavorevole all'Italia. Gli esponenti del
Comitato giuliano, i vescovi di Pola e di Parenzo erano favorevoli al plebiscito, ma
lo statista trentino - e con lui gli altri membri della delegazione italiana - era con-
trario: "da una parte si temeva che, grazie al voto favorevole dei comunisti italiani,
gli slavi avrebbero conquistato la maggioranza anche nelle città italianissime come
Trieste e Pola, dall'altra si pensava che per imponderabili motivi di carattere nazio-
nale e razziale, nonché per le fortissime pressioni esercitate sulle popolazioni dalle
autorità titine, il plebiscito avrebbe favorito la Jugoslavia" (9).
Per tali ragioni i giuliani furono sopraffatti dalla delusione e dall'amarezza quan-
do, a nome del governo, Giuseppe Saragat dichiarò che l'iniziativa del plebiscito sa-
rebbe stata contraria agli interessi nazionali. "In realtà, i responsabili della politica
estera italiana non erano per nulla sicuri dell'esito di un plebiscito. Certo sui tavoli
dei delegati alla conferenza di pace i diplomatici italiani rovesciavano indefessamen-
te chili di carte tese a dimostrare, statistiche alla mano, che la popolazione dei telTi-
tori contesi era nella sua maggioranza indubitabilmente italiana, ma chi del Paese por-
tava la responsabilità non poteva permettersi l'errore di credere ciecamente alla pro-
pria propaganda" (lO), ha osservato Pupo. Effettivamente, i dati relativi ai censimenti
- al di là del presumibile rigonfiamento dettato dall'opportunità e del loro spirito
"semplificatorio" di una situazione assai più complessa - erano un po' invecchiati
(7) Cfr. R. Pupo, Il lungo esodo, cit., p. 116-117.
(8) Sulla grafia del cognome dello statista trentino s'è discusso a lungo. Per amore di vcrità,
i suoi famigliari conservarono sempre la forma De Gaspcri, mcntre Alcide adottò la forma De
Gasperi solamente dopo la sua elezione al Parlamento austriaco, nel 1911, scatenando tra l'altro
l'ironia di Cesare Battisti, suo avversario nella politica trcntina (cfr. C. Gatterer, In lotta C01ltro
Roma. Cittadine, minoranze e auto1lomie in Italia, Praxis 3, Bolzano 1994, p. 1061-1063).
(9) A. Petacco, I.:Esodo, cit., p. 140.
(lO) R. Pupo, Il lungo esodo, cit., p. 117.

