Page 113 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            ordine logistico e materiale, non da ultimo un afflusso eccessivo di potenziali com-
            battenti rispetto agli armamenti disponibili, anche in virtù delle trasformazioni del
            panorama politico ed istituzionale. L’indubbia connivenza del governo Rattazzi –
            tacita o attiva che fosse – aveva infatti indotto i vertici garibaldini a intravedere pro-
            spettive di approvvigionamento e di armamento migliori di quelle che poi si poterono
            realizzare, specie dopo la salita al potere di Menabrea. Allo stesso modo, le maglie
            larghe dell’apparato di controllo governativo consentirono, fino ad un certo momen-
            to, una grande e veloce affluenza di uomini, che l’organizzazione militare dell’eser-
            cito volontario non era in grado di assorbire ed integrare in tempi brevi, vista anche
            l’impossibilità di proiettarli subito verso l’azione. Del resto il passaggio dei confini
            dello Stato pontificio avvenne prima di quanto si fosse progettato, costringendo a
            ricalibrare i piani.
               Giuseppe Garibaldi, prigioniero ad Alessandria e poi condotto sotto sorveglianza
            a Caprera, riuscì a fuggire a metà ottobre, e poté raggiungere il teatro delle ope-
            razioni solo il 23, quando si unì al figlio Menotti a Passo Corese, dirigendosi ver-
            so Monterotondo. In quegli stessi giorni la Francia, sotto il pretesto di un’evidente
            inadeguatezza delle autorità politiche e militari italiane, decideva per l’intervento,
            cui poi sarebbe seguita la soluzione dell’occupazione congiunta assieme alle truppe
            regie.
               L’azione delle camicie rosse avrebbe dovuto seguire da allora una tripla direttiva
            verso Roma, alla quale si sarebbero dovuti avvicinare Acerbi da destra, Menotti e
            Giuseppe Garibaldi al centro e Nicotera da sinistra. Preso Monterotondo, dove sostò
            dal 25 al 28, il Generale avanzò ancora occupando Castel Giubileo e attestandosi
            ormai alle porte di Roma. Giunto a quel punto fu la persistente mancanza di signifi-
            cativi segnali rivoluzionari dalla città a indurlo a retrocedere e ad iniziare una ritirata
            – disseminata di diserzioni e malumori – che avrebbe dovuto puntare su Tivoli, città
            collocata in posizione strategica e dimostratasi politicamente favorevole all’impre-
            sa.
               Dopo il tardivo proclama del 27 ottobre col quale il re e il governo Menabrea
            dichiaravano illegale e illegittima l’iniziativa, e dopo le manovre di ripiegamento di
            cui si è detto, anche la gestione dei volontari si complicò, se non altro perché quei
            movimenti risultavano particolarmente sgraditi e incomprensibili a chi si era trovato
            a pochi chilometri da Roma. Quando si giunse agli scontri decisivi di Mentana, il 3
            novembre, oramai una parte significativa dell’esercito garibaldino era in disfacimen-
            to e i numeri e i mezzi decisamente a favore della controparte.



                  “Le grosse agglomerazioni di personale che […] arrivavano al deposito
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