Page 153 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
P. 153
153
Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale
Garibaldi muoveva da un concetto fisico della genesi e dell’avvento delle
nazioni. A G.B. Cuneo, da Nizza, il 13 aprile 1856 scrisse infatti: “Gli uomini
che tu trovi disponibili ad agire, son quelli che non han pane, degli altri pochi o
nessuno. Il secolo è più del tanto per cento che mai, e da’ disperati in fuori non
v’è chi voglia muoversi. Queste son verità. Dette con amarezza ma son verità.”
Perciò era convinto che “l’Italia marcia all’unificazione nazionale”, malgrado il
suo “più terribile avversario (...) i preti, [facessero] capo a Parigi ove comunque
sia, e fatalmente, regge il dominatore della situazione europea”.
Garibaldi si attenne a un concetto politico essenziale: alimentare il “movi-
mento”, il Partito d’azione, che proprio perché votato a operare, non generava di-
visioni dottrinarie, ideologiche, e “tenere la piazza” - come negli anni dell’esilio
a Rio de Janeiro, quando bastava denominare una sede ed esporre un drappo tri-
colore per segnare una presenza, ipotecando il futuro - e al tempo stesso stabilire
6
agganci con il potere reale, non alieno a sua volta dall’imboccare vie coperte.
Perciò, se Vittorio Emanuele II lasciò cadere la proposta garibaldina di tra-
sformare la spedizione di Crimea in una nuova guerra d’indipendenza, il 25 ot-
tobre 1858 fu Cavour a prospettare a Napoleone III un colpo di mano su Massa
e Carrara alla guida del “guerrier illustre dont les aventures héroiques et les
faits glorieux rappellent ce que l’on trouve de plus surprenant dans les fastes de
la poésie et de l’histoire”, per suscitare la reazione dell’Austria e rimettere in
7
moto la questione nazionale . Al segretario della Società nazionale, Giuseppe La
Farina, all’inizio del decisivo 1859 Garibaldi ripete che “dovendo promuovere
movimenti di popolo, sarebbe bene cominciare con qualche cosa di organizza-
to per poter dirigere la corrente come si deve”: non era più tempo, insomma,
di lasciare al caso, all’improvvisazione né, soprattutto, di indulgere alle “cose
8
mazzinesche” , alle “suggestioni che potrebbero venirci da quei di Londra”, alle
“commedie che Mazzini chiama rivoluzioni” . “Noi non dobbiamo esser partito
9
6 A. Luzio, I primi passi in America, in Garibaldi, Cavour, Verdi, Torino, Bocca, 1924,
p. 3, con documenti. Nella premessa all’opera, ammiccando a quelli a lui coevi, Luzio
dichiarò: “Non sapremmo muover rimprovero di quei sistemi d’inquisizione poliziesca”,
grazie ai quali eran state conservate “mille ghiotte cose” per il suo diletto d’archivista.
7 C. Cavour, Memorandum sulla spedizione nelle Marche e nell’Umbria, in tutti gli scrit-
ti di Camillo Cavour, raccolti e curati da C. Pischedda e G. Talamo, Torino, Centro studi
piemontesi, IV, 1978, pp. 1060-1064. Circa il proposito garibaldino sulla spedizione di
Crimea, in EN, III, p. 96.
8 G. Garibaldi a Camillo Benso di Cavour, da Caprera, 26 luglio 1876, in EN, III pp. 160
e 165.
9 A G. La Farina, da Caprera, 8 gennaio 1859 e 30 gennaio 1859, in Ximenes, I, pp. 59-60,
e a Camillo Cavour, da Caprera, 25 ottobre 1856, EN, III, p. 148.