Page 155 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            tuto per “]’Italia di Vittorio Emanuele”, sarebbero stati “certamente i più fedeli
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            alla sua persona” , in nome di una vera unità oltre le ormai superate divisioni.
            Nell’intraprendere la spedizione Garibaldi valutò esattamente che Napoleone III
            avrebbe protestato per la detronizzazione di Francesco II dal regno delle Due
            Sicilie: ma in nome della pace europea, dell’ordine internazionale, della inviola-
            bilità degli Stati, non già per un sovrano della Casa di Borbone in quanto tale.
               È pur vero che nel febbraio 1861 proprio l’Imperatore prese sotto tutela il re,
            la regina Sofia, il governo e i vertici militari borbonici e li condusse al sicuro da
            Gaeta a Roma: non per una improbabile restaurazione, però, a quel punto invisa a
            Londra, ma per ricatto nei confronti del governo di Torino, che Parigi riconobbe
            solo dopo la morte di Cavour (6 giugno 1861), con forte ritardo rispetto a Sviz-
            zera, Grecia, Stati Uniti e Gran Bretagna, la cui regina, Vittoria, a fine marzo ac-
            consentì che Emanuele Taparelli d’Azeglio fosse ricevuto quale rappresentante
            del “re d’Italia”.
               L’esperienza sudamericana aveva insegnato a Garibaldi la verità di Machia-
            velli: conservare lo Stato è più difficile che conquistarlo. Nel 1860 il nizzardo
            aveva alle spalle la catastrofe della guerra regia (1848) e di quella repubblica-
            na (Roma, Venezia, Brescia nel 1849), il naufragio dell’insurrezionismo mazzi-
            niano (Milano, febbraio 1853) e di quello protosocialista (Pisacane, tra Sapri e
            Sanza, nel 1857). Per fondere gli Stati preunitari in una grande nazione e porla
            al sicuro da legittimisti, sanfedisti, sabaudisti antiunitari(...), occorreva un pe-
            riodo di governo eccezionale. “Sire - scrisse pertanto al re nei mesi caldi delle
            annessioni - nell’Italia centrale V.M. deve comandare subito da dittatore, come
            pure in Piemonte, e non ascolti i parlatori che diranno il contrario. Noi dobbiamo
























            11  Ximenes, I, pp. 135-136.
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