Page 160 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            manifestazione chiassosa di anticlericalismo di maniera, senza obiettivi politici
            e culturali di vasto respiro. I dolori del corpo, l’ansia di ripulire l’Italia dagli
            «scarafaggi di Roma» (13 novembre), dagli «scarafaggi chercuti» (1° dicembre),
            l’assillo dei bisogni materiali non ne sminuirono la capacità di giudizio.
               Il «Solitario di Caprera», come egli stesso si dipinse nel romanzo Clelia, a
            lungo in cerca di un editore, chiuse il 1869 bollando il male che “un nome cele-
            bre (Napoleone I, abusivamente replicato dal nipote, Luigi Napoleone. NdA), il
            prete e il comunismo” avevano fatto alla Francia. Dei primi due tanto già aveva
            detto e scritto. In una lettera ad Armand Duportal si fermò sul terzo, sul commu-
            nisme, il cui nome non doveva mai esser fatto dalla democrazia: «Ce nom épou-
            vante tout ce qui n’est pas prolétaire, et nous ravit presque entièrement la classe
            à moyens, qui doit ne pas nous être indifferente. Car dans les temps présents,
            entièrement positifs, on ne fait rien sans moyens». Con queste premesse, dopo
            i fatti del settembre 1870 Garibaldi maturò la scelta che, al di là della retorica,
            ne fece una personalità di statura europea: accorrere in difesa della Repubblica
            sorta dalla sconfitta di Napoleone III a Sédan, dal crollo della macchina militare
            imperiale e dalla rivolta di Parigi, imbracciare ancora una volta le armi per un
            ideale, a 63 anni compiuti.
               La campagna dei Vosgi è stata compiutamente documentata ed analizzata da
            storici militari di vaglia e insuperati. Il valore di Garibaldi venne lealmente rico-
            nosciuto dai suoi avversari, sia sul campo sia nella storiografia, prima e più che
            dai francesi, che gli riservarono scarsi mezzi e uomini in massima parte impre-
            parati.  20
               Convinto di dover concorrere al consolidamento della Repubblica il Gene-
            rale accettò di buon grado la candidatura e l’elezione all’Assemblea nazionale
            sedente in Bordeaux. Ai suoi occhi la Francia era tornata ad assumere il ruolo
            di paese guida della democrazia. Come in Italia, ove era stato eletto deputato
            dal 1848, anche Oltralpe 1’elezione di Garibaldi a deputato era un antidoto con-
            tro l’estremismo di chi intendeva imboccare la via della rivoluzione comunista,
            1’annientamento della classe media, della borghesia. Nondimeno, la destra cleri-
            cale e conservatrice si oppose rumoreggiando alla convalida della sua elezione,
            obiettando che mancava del requisito elementare: la cittadinanza francese. Non
            gli bastava essere “cittadino del mondo” o, come si disse, “uomo universale”. In
            tal modo l’estrema destra spianò la via all’estrema sinistra.
               In quei mesi Garibaldi sognò ancora una volta sorte diversa per la sua nativa
            Nizza. Il trasferimento dall’Italia alla Francia era stato il risultato di un merca-

            20  Pietro Maravigna, La campagna di Francia 1870-1871, in AA.VV., il Generale Giuseppe
               Garibaldi, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, 2007, pp. 313-66
               (nuova edizione nel bicentenario della nascita).
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