Page 165 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            dell’indolenza democratica (...) e quindi del trionfo effimero ma reale dell’op-
            pressione e della menzogna. Invano si chiamarono a conciliazione le parti di-
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            verse della democrazia” . Ancora il tarlo della discordia, del dottrinarismo. La
            Sinistra doveva invece cercare in se stessa le ragioni della sua debolezza politica
            e trovarvi rimedio senza indulgere ad addebitarla a speciale malizia degli av-
            versari. Nondimeno Garibaldi continuò a insistere per ottenere il fascio delle
            “associazioni oneste”, “la Massoneria, la Mazzineria, la fratellanza artigiana, le
            società d’operai, di reduci, Internazionali, fasci operai, ecc.”; e, per sgombrare il
            campo almeno da un equivoco, negò l’esistenza di garibaldini.
               Dopo la svolta imperialistica di Parigi anche per Garibaldi venne l’ora di non
            cercare più modelli all’estero, bensì di costruire l’identità della democrazia ita-
            liana, sulle premesse del Risorgimento, di una memoria patriottica che non aveva
            bisogno di lezioni.
               Sin dal 1870, col memoriale Due parole di storia, Garibaldi aveva traccia-
            to lo spartiacque tra il suo gradualismo e l’avventurismo di altri, incompatibile
            con le prospettive di crescita democratica aperte dall’unificazione nazionale: “Io
            ho spinto i miei concittadini a delle imprese temerarie qualche volta ma me le
            perdonino (...). Comunque, noi non vogliamo delle Rivoluzioni-miserie con un
            povero Sergente morto ed un caporale ferito! Il giorno in cui noi saremo vera-
            mente decisi di sbarazzarsi dei ladri e degli impostori, non una pietra di selciato
            deve rimanere non mossa nelle cento città, e come nel santissimo Vespro (CdA),
            un solo degli oppressori e dei corruttori dell’Italia non deve respirare in questa
            atmosfera purificata dai vendicatori. Frattanto, i miei concittadini si preparino a
            temprar l’animo e il corpo, a mostrar che l’Italia facendo farà davvero (...). Ripe-
            to: aspettare l’ora. Non far rivoluzioni da farsi beffeggiare. “Contro i seminatori
            di discordie, i provocatori di guerre civili, Garibaldi rivendicò: “Io ho sempre
            inteso di appartenere alla Nazione Italiana”.
               Tra 1’ottobre 1881 e l’aprile 1882 Garibaldi portò alle estreme conseguenze
            il percorso da tempo imboccato. Il 3 novembre presenziò in Milano allo scopri-
            mento del monumento ai caduti di Mentana. Napoleone III era ormai un ricordo
            remoto; incombeva invece la minaccia della Francia su Tunisi, sul Mare nostrum.
            Per tanta parte della Sinistra Mentana non voleva dire solo Pio IX, anch’egli or-
            mai morto, e l’estrema difesa del potere temporale; denunciava la pretesa tutela
            francese sull’unità d’Italia, una linea politica respinta da chi, come Garibaldi, si

            23  Da fonte di prima mano il biografo di Mazzini G.M. Trevelyan asserì che a John Morley,
               di rientro dall’entusiastica accoglienza dei londinesi a Garibaldi, Mazzini disse brusca-
               mente: «Avete mai osservato attentamente la faccia del leone? Non credete che essa è
               una faccia veramente stupida? Ebbene: è la faccia di Garibaldi.» (riportato anche in G.E.
               Curatulo, Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi, Milano, Mondadori, 1928, p. 241).
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