Page 163 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale
a Pallavicino Trivulzio – o converrà cambiarlo? Io sono per il secondo spediente,
in tempo sicuro ma indeterminato. E oggi come nel 60 sono ancora un compagno
tuo nell’aspirazione del meglio, senza desistere di accettare il bene da qualunque
parte esso venga”. Proprio i casi di Francia avevano mostrato che la repubblica
non era il rimedio per tutti i mali. Di lì a poco ne ebbe la conferma con la breve
deludente parabola della prima Repubblica di Spagna.
L’adesione alle iniziative della sinistra democratica per Garibaldi non si tra-
dusse quindi in lotta contro le istituzioni. Già in passato aveva preso le distanze
da Giuseppe Mazzini e da altri fautori della repubblica; nel 1871-72 accentuò la
polemica, calcando la mano sugli aspetti negativi delle “cose mazzinesche” e rin-
focolò antiche polemiche sullo scarso aiuto recatogli nel 1848, nel 1859-60 e nel
1862 e persino nella spedizione naufragata a Mentana. Morto Mazzini, si premu-
rò tuttavia di prendere le distanze soprattutto dall’estremismo degl’internazio-
nalisti. Quando in Spagna Amedeo I di Savoia lasciò il trono, dopo attentati e lo
sgretolamento delle forze che due anni prima ne avevano voluto l’insediamento,
Garibaldi avvertì che proprio la repubblica poteva essere fonte di malcostume
pubblico anziché garanzia di virtù civile: “Il concerto clericale e monarchico, e
la corruzione delle masse, sono tali nella nostra penisola, da render difficile una
induzione, se non del tutto impossibile; ed io credo che la maggioranza degli
Italiani ripugni ad un cataclisma rivoluzionario, che sarebbe tremendo, propor-
zionato all’odio immenso suscitato da chi sì indegnamente manomette da tanto
tempo l’Italia. Dunque, non rivoluzioni di sangue (...). A mio avviso, invece, la
possibilità della repubblica in Francia ed in Ispagna devesi principalmente alla
organizzazione democratica di quei paesi”.
Sulle condizioni politiche effettive della Spagna il Generale non era adegua-
tamente informato. Evitò comunque di lasciarsene invischiare. Il 31 marzo 1874
avvertì il deputato radicaldemocratico Mauro Macchi che l’invito attribuitogli ad
accorrere in difesa della repubblica spagnola contro i carlisti era “una favola”. Non
mancava di amici tra i democratici e i repubblicani spagnoli. Era il caso di Emilio
Castelar. Ma non riteneva serio interferire in vicende politicamente confuse.
Lo aveva appreso a proprie spese dai casi di Francia: l’affetto che nutriva per
quella terra spesso gli aveva fatto scambiare sogni e desideri con solide realtà.
Chi l’aveva conosciuta attraverso la corrispondenza con democratici e socialuto-
pisti e con il Victor Hugo degli anni migliori non colse subito la marea montante
del nazionalismo francese e della sua repentina torsione verso l’imperialismo.
Eppure sin dal 1871 aveva scritto pagine meditate e accorate: “La grandeur de la
France! Ecco il piedistallo su cui posano immense sciagure umane. Ecco il pre-
stigio che fa cotesti piccolissimi esseri di cui Thiers è il prototipo.(...) la gran-
deur de la France che fa necessari due milioni di soldati per cui molti altri mi-