Page 164 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            lioni di soldati sono indispensabili a tutti i popoli della terra, vicini e lontani, che
            potrebbero essere schiacciati sotto i rami di mirto e di alloro della gloire senza di
            cui la grande nazione non può vivere.(...) I Francesi ch’io non posso odiare e tra
            cui ho molti amici faranno senno ed invece d’illudersi colla grandeur, la revan-
            che, ecc., imiteranno la savia razza Anglo-sassone, cui tocca dopo tanti gloriosi
            esempi anche quello dell’Arbitrato, concetto semplice, umanitario e grandioso,
            che sostituisce al macello umano la ragione e, alla jena, l’uomo (...)”. La con-
            trapposizione tra la Francia, “infelice ma colpevole, per orgoglio, per ambizione,
            per vanità, per mania di predare” tornò ripetutamente, al pari dell’invocazione
            dell’arbitrato sopranazionale, della Lega per la Pace e di utopie che ne fanno una
            personalità politica più coerente di quanto sia stato sinora concesso.
               Ad assicurarne le ultime simpatie per la Francia fu anche un personaggio
            apparentemente  minore  ma  nondimeno  a  suo  tempo  molto  influente:  il  gior-
            nalista e autore di romanzi scandalistici d’intonazione pornografica Léo Taxil,
            pseudonimo di Gabriel Jogand-Pagès. Segretario della Lega anticlericale, Taxil
            ottenne facilmente la piena fiducia del Generale. I suoi veri rapporti con am-
            bienti governativi francesi sono ancora da accertare. Molti indizi lo mostrano in
            collegamento con “servizi”. Cent’anni dopo la morte (1907), la sua figura e il
            suo ruolo rimangono ambigui. Nel 1881 Taxil appoggiò entusiasticamente l’im-
            posizione del protettorato francese su Tunisi (trattato del Bardo). La svolta creò
            grave imbarazzo ai democratici italiani. Garibaldi ne guidò la protesta interna e,
            ancor più, dinnanzi all’opinione pubblica francese. La sinistra italiana si appellò
            a Victor Hugo, indirizzandogli il monito famoso: la presenza francese a Tunisi
            era e sarebbe stata causa immanente di conflitto tra le “sorelle latine”, era un re-
            galo ai reazionari dei due Paesi. Era anche un motivo per riprendere la battaglia
            di opinione per riscattare Trento e Trieste, le terre irredente, proprio quando il
            governo di Roma, per mettersi al sicuro dalla minaccia francese, imboccava la
            via dell’alleanza con Berlino e con Vienna.

               Garibaldi inveì contro Taxil con una lettera che attrasse l’attenzione di Gio-
            vanni Ansaldo .
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               Dal 1870, ormai definitiva la rottura con Mazzini malgrado il brindisi di casa
            Herzen a Londra, Garibaldi cominciò a insistere più esplicitamente sul rinnova-
            mento delle istituzioni: non per mutar la monarchia in repubblica, ma per intro-
            durre correttivi democratici nello Stato e nella condotta dell’amministrazione.
            “Che fa 1’Italia? - s’interrogava nella primavera del 1873. - Non accenneremo
            ai miserabili suoi governanti già condannati dal disgusto universale”: sotto accu-
            sa erano invece “Massoni, Mazziniani, Internazionalisti (...) egualmente fautori


            22  G. Ansaldo, L’eroe di Caprera, Firenze, Le lettere, 2008
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