Page 80 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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               Il movimento volontario fu determinante, nel 1859, nello spingere l’Austria ad
            inviare al Piemonte l’ultimatum che diede l’avvio alla guerra. Gli austriaci, infat-
            ti, allarmati dalla presenza dei volontari al confine lombardo, chiesero l’immediato
            scioglimento dei Corpi.
               Fu importante nel coinvolgimento di un’opinione pubblica europea tutt’altro che
            favorevole allo scontro armato. Fu utile nelle operazioni belliche. Permise a Cavour
            di potersi muovere militarmente anche in uno scacchiere diverso da quello dove si
            svolgevano le battaglie principali. Ma, quello che appare più importante, attestò una
            evidente adesione popolare alla guerra regia. Migliaia di giovani percorsero l’Italia
            protetti, sfamati e guidati dalle popolazioni locali malgrado il tentativo delle autorità
            di frenare l’esodo.


               I garibaldini, nel 1859, vestirono l’uniforme dell’esercito sardo, come Garibaldi
            che li comandava. In quei mesi il condottiero indossò infatti la divisa di generale
            dell’esercito sardo e tagliò i capelli come prescrivevano i regolamenti militari.
               I suoi uomini erano ordinati in una piccola brigata di tre reggimenti, su due batta-
            glioni ciascuno, con uno squadrone di cacciatori a cavallo. «Comandava i cacciatori
            a cavallo (una quarantina all’inizio), montati quasi tutti a loro spese, il luogotenente
            Simonetta. E non mai forse così esigua schiera accolse in sé Zasio, Menotti Garibal-
            di, il Nuvolari, il poeta Picozzi, lo scultore Tantardini, il pittore De Albertis» .
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               I volontari erano equipaggiati in modo molto approssimativo, non avevano ar-
            tiglieria e furono forniti di armi mediocri. Il loro ospedale da campo era diretto da
            Agostino Bertani, un medico milanese, esule a Genova.
               Dei volontari si temeva l’indisciplina e la consapevolezza politica, di solito sco-
            nosciuta tra le reclute. Però non si poteva negare che l’addestramento dei volontari
            era molto più veloce dell’addestramento delle reclute, proprio per la motivazione che
            guidava la preparazione di coloro che sceglievano di andare a combattere per una
            causa in cui credevano .
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               Forse c’era minore disciplina, compensata però da un grande spirito di adattamen-
            to, da una forte motivazione e da una consapevole partecipazione agli obiettivi della
            battaglia. Su questo faceva leva Garibaldi e i fatti gli davano ragione.
               «La guerra non aveva allora il carattere di massa e la dimensione tecnologica che
            conosciamo oggi, quindi l’alto livello culturale e l’entusiasmo di questi volontari
            erano sufficienti a colmare le lacune del loro addestramento militare […] Garibaldi


            17   Gualtiero Castellini eroi garibaldini, Milano, Treves 1944, p. 106.
            18   Tra i pochi militari disposti a riconoscere questa realtà si segnala Cesare Rovighi, storia della
               terza divisione dell’esercito sardo nella guerra del 1859, Torino, Unione tipografico-editrice,
               1860.
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