Page 106 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            riferisce  di averli visti  “che paurosi ed incerti  stavansi riuniti al quanto
            distanti dal luogo del misfatto, nono ostante che diverse fucilate si erano fatte
            sentire, e che erano stati avvertiti da alcuni fuggitivi derubati”. 25
               Riguardo poi ai metodi e al loro comportamento Leopoldo Franchetti ci
            fornisce la seguente descrizione: “La sera ad un paese, scendono all’osteria,
            depongono le armi in un canto, si mettono a tavola a bere coi mulattieri, coi
            barrocciai, colla gente d’ogni specie. Parlano con tutti, salutano tutti, cono-
            scono tutti,. Giunge la notizia di una grassazione o di un ricatto. Montano a
            cavallo, perlustrano la campagna, ma nel più dei casi non vedono, non cono-
            scono, non trovano più nessuno. L’intera contrada è diventata ad un tratto
            per loro terra incognita….in buon numero di casi i militi a cavallo , o perché
            hanno paura delle vendette, o perché dividono il prodotto dei delitti, sono
            complici dei malfattori almeno col silenzio e coll’inazione”. 26
               Nel 1862 il governo evidenziò maggiore determinazione per la soluzione
            dei problemi di ordine pubblico.
               Vennero intensificati i pattugliamenti con le colonne mobili di militari e
            Carabinieri nelle zone rurali col compito di cercare e di arrestare i criminali,
            catturare i recalcitranti e consegnare i disertori alla giustizia e, udite udite,
            controllare il comportamento dei Militi a cavallo.
               Il giro di vite, voluto da governo, fu la diretta conseguenza della rivolta di
            Castellamare, scoppiata1862.
               Ma ulteriori e più gravi problemi si profilavano all’orizzonte!
               Il diffondersi del brigantaggio, infatti, comportò l’incremento notevole di
            un’altra pratica malavitosa endemica nelle terre siciliane: l’abigeato.
               La banda Pugliese era largamente dedita al furto e al commercio illecito di
            bestiame e la stessa mafia, in quegli anni, trasse da tale reato molti dei suoi
            profitti.
               L’abigeato era un fenomeno caratteristico delle campagne siciliane dovuto
            all’arretratezza del contesto socio economico, alle misere condizioni del con-
            tadino, agli aspri connotati geografici del terreno e all’enorme estensione del
            latifondo.



            25  Dal Comandante della G.N. di Misilmeri, 3 gennaio 1861 - ASP, Luog. Interno, b. 1757, fasc.
               I-4.
            26   Leopoldo Fianchetti, Condizioni politiche ed amministrative delle Sicilia (1876) Roma 1993.
               Il 10 agosto 1861 l’Ispettore generale del Corpo notò che essi utilizzavano la loro licenza, gra-
               zie alla quale godevano di libertà di movimento da un circondario all’altro, come una “agevo-
               lazione a malfare”- (ASP. Luog. Polizia, b. 1655, fasc. 43-I). Nel dicembre successivo venne
               riferito che i militi a cavallo di Valledaluno uscivano dal Circondario alla ricerca di bestiame
               rubato, solo per approfittare dell’occasione per impossessarsene a loro volta (Dal Comandante
               dei Militi a cavallo, 3 dicembre 1861 -ASP. Luog. Polizia, b. 1655, fasc. 43-I)
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