Page 92 - Atti 2012 - L'Italia 1945-1955. La Ricostruzione del Paese e le Forze Armate
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             svolgendo un importante ruolo come ricognitore fino alla definitiva dismissione
             nel 1956.
                Le difficoltà relative al materiale di volo erano l’aspetto più evidente di una
             crisi che investiva l’esistenza stessa della Forza Armata. Nel primo dopoguerra
             infatti l’Aeronautica militare non aveva neppure la certezza di poter conservare
             la propria autonomia dal momento che non pochi esponenti dell’Esercito e della
             Marina ne proponevano lo scioglimento, con il conseguente ritorno alla situazione
             esistente prima del 28 marzo 1923, ritenendo che soltanto in questo modo le forze
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             di superficie avrebbero potuto avere l’indispensabile supporto aereo.  Per contra-
             stare queste pressioni l’allora Capo di Stato Maggiore, generale Mario Aimone
             Cat, mentre provvedeva alla ristrutturazione della Forza Armata in funzione del
             nuovo quadro politico ed economico, incoraggiò la valorizzazione del contributo
             dato dalla Regia Aeronautica nel corso del conflitto, non perdendo poi occasione
             per ribadire la necessità che all’Italia fosse concesso di mantenere un’aviazione
             adeguata al dettato dell’articolo 51 del trattato di san Francisco del 26 giugno
             1945, istitutivo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, in grado cioè di con-
             correre alla difesa del territorio nazionale in attesa dell’intervento della comunità
             internazionale contro un eventuale aggressore.
                Il futuro rimaneva comunque nebuloso, anche perché per tutto il 1946 i rappre-
             sentanti alleati dell’AFSC, e quelli britannici in particolare, continuarono ad eser-
             citare un attento controllo su tutte le attività a carattere aeronautico dimostrandosi
             poco inclini a concessioni, soprattutto per quanto riguardava il settore industriale.
             L’incertezza svanì il 10 febbraio 1947, quando a Parigi venne finalmente firmato
             il trattato di pace, e questo nonostante le sue clausole fossero inaspettatamente
             dure. Malgrado il periodo di cobelligeranza avesse suscitato molte speranze, la
             realtà fu infatti ben diversa. Con l’articolo 64 l’Aeronautica Militare, inclusa la
             componente dell’Aviazione per la Marina, veniva limitata ad una forza di 200
             velivoli da caccia e da ricognizione e di 150 velivoli da trasporto, soccorso, adde-
             stramento e collegamento, con il divieto di possedere velivoli da bombardamen-
             to, e l’articolo 65 limitava l’organico a non più di 25.000 uomini con l’obbligo,
             sancito dal successivo articolo 66, di smobilitare il personale in eccesso entro sei
             mesi dall’entrata in vigore del trattato, ratificato dall’Assemblea Costituente il 15
             settembre 1947. Erano restrizioni pesanti ma si poteva ricominciare, avviando su
             queste basi la ricostruzione.
                L’Aeronautica  Militare  disponeva  all’epoca  di  486  velivoli,  257  caccia,  24
             bombardieri, 92 trasporti, 62 idrovolanti, 44 da collegamento e scuola, 7 ricogni-
             tori, e secondo quanto previsto dall’articolo 67 del trattato di pace il 30% circa di



             2  Sebastiano Licheri, L’aeronautica italiana all’indomani della Liberazione, in “L’Italia in
                guerra. Il sesto anno (1945)”, Commissione Italiana di Storia Militare, Roma, 1996, pp.
                435-454.
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