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226 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
ita a Torino nel 1912 da Louis Blériot, la Società Anonima Nieuport-Macchi di
Varese, nata nel 1913 da un accordo tra la Società Anonima Fratelli Macchi e la
francese Nieuport, la Società Anonima Costruzioni Aeronautiche Savoia, costi-
tuita anch’essa nel 1913 con sede a Milano. Nessuna contava più di una ventina
di operai, con una capacità produttiva che era al più di una decina di macchine
l’anno, e tutte lavoravano su licenza, con poca o nessuna capacità autonoma di
progettazione, al punto che la SIT non aveva neppure un ufficio tecnico. Per quan-
to riguarda i tipi di velivolo, la ditta torinese costruiva i monoplani Blériot e aveva
i diritti di costruzione per i biplani Farman, il che lasciava alla Nieuport-Macchi
una quota minoritaria di mercato legata alla produzione su licenza del monoplano
Nieuport, e uno spazio ancora più ridotto alla Savoia. Un posto a parte avevano
la Caproni&Faccanoni di Vizzola Ticino, nata nel 1912 e in gravi difficoltà non
potendo portare a termine la commessa per 12 monoplani Bristol a causa del re-
pentino venir meno del supporto della ditta britannica, e la Società Anonima Mec-
canica Lombarda, SAML, di Monza, che si stava attrezzando per la produzione di
un biplano derivato dall’ultimo modello di Aviatik.
La crisi della Caproni&Faccanoni fu in qualche modo superata con lo sciogli-
mento della società e con il passaggio delle sue officine al Ministero della Guerra,
che assunse l’ingegner Gianni Caproni in qualità di direttore tecnico per dargli
modo di continuare la sua attività di progettista. Era una soluzione non ortodos-
sa, che molto doveva alle pressioni di Douhet, legato a Caproni da una amicizia
cementata dalla comune fede nei destini dell’aviazione, e al buon senso di Moris,
ma era soprattutto una soluzione che permetteva di mantenere in attività uno sta-
bilimento già avviato e di salvaguardare una capacità di progettazione destinata a
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dare frutti importanti con la serie dei trimotori dell’ingegnere trentino.
Se il quadro dell’industria aeronautica non era esaltante, ancora meno lo era
quello dell’industria motoristica. In questo campo operava all’inizio del 1914 sol-
tanto la Fabbrica Italiana Motori Gnome&Rhone, fondata a Torino con capitali
stranieri per la produzione su licenza di propulsori rotativi e in grado con i suoi
venti operai di fornirne non più di uno al mese. Esisteva quindi una forte di-
pendenza dall’estero che si sarebbe attenuata soltanto con il potenziamento della
capacità produttiva della Gnome&Rhone e soprattutto con lo sfruttamento delle
potenzialità dell’industria automobilistica. Significativo a tal riguardo fu l’impat-
to della FIAT, che già nell’autunno del 1914 cominciò a produrre il suo A.10, un
motore a cilindri in linea da 100 cv che era a tutti gli effetti una riproduzione del
Daimler D.1 tedesco.
L’incalzare degli eventi valse ad affrettare la realizzazione del progetto di ri-
ordino dei servizi aeronautici che Grandi non aveva fatto in tempo a presentare
6 Curami A., I primi passi dell’industria aeronautica italiana, in La grande Guerra Aerea, Edi-
zioni Gino Rossato, Valdagno, 1994, pp. 109-111.

